
A pochi chilometri da Damasco, oltre le brulle colline che circondano la capitale siriana, si è aperta ieri all’Hotel Yafour la Conferenza Internazionale della Gioventù con l’intervento del Gran Muftì di Siria Ahamad Badreddin Hassaoun. Un evento organizzato dall’associazione universitaria “Step for Syria” e che per la prima volta dopo quattro anni di guerra ha permesso a giovani provenienti da tutto il mondo di darsi appuntamento a Damasco.
Qua dove “da più di duemila anni abbiamo accolto il messaggio di Gesù Cristo e
Scrosciano gli applausi dei circa 150 giovani presenti in sala, sono delegazioni di studenti cinesi, iraniani, francesi, tedeschi, inglesi, belgi.. e i più numerosi, attenti ed eleganti: gli italiani del Blocco Studentesco. Il Muftì si alza e, pur commosso, non perde il sorriso.
Scende dal palco per salutare tutti i presenti ad uno a uno, ha uno sguardo limpido che non cede allo sconforto di chi soltanto tre anni fa si è visto uccidere il proprio figlio da chi voleva colpire al cuore il carismatico leader religioso siriano.
Colpito a morte dagli stessi terroristi che lui stigmatizza come “il pericolo più grande per tutti i popoli liberi” e che invece la gran parte dei media occidentali continua imperterrita a definire “ribelli moderati”.
E allora ci viene in mente l’epitelioma di Pirandello, quando in lontananza sentiamo, cadenzati a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro, i colpi dell’artiglieria governativa che tengono lontano il male dalle alture che circondano Damasco, mentre il Gran Muftì continua a parlare dell’importanza del confronto tra i popoli da anteporre allo scontro di civiltà tanto caro a qualche intellettuale di casa nostra.
Ma ad emergere a ben vedere è qualcosa di più antinomico, eppure fattore determinante per comprendere la situazione siriana: l’incontro di inciviltà.
Come sottolineato dal saggista francese Frederic Pichon, nel secondo importante intervento della conferenza, in Siria “la più grande democrazia del mondo e la nazione più retrograda sono uniti contro il legittimo governo siriano nel nome di comuni interessi economici e geostrategici”.

Ecco allora emergere la debolezza dell’Italia, “che ha scordato di svolgere il ruolo di ponte tra nazioni europee e nazioni arabe”, come ben espresso da Michael Mocci, intervenuto per il Blocco Studentesco. “Perché se noi avessimo ancora un’identità forte, come del resto auspichiamo che la nostra nazione torni ad avere – ha detto Mocci – non diremmo ai popoli in difficoltà di venire a trovare fortuna da noi. Sbandierando un Eldorado che oltretutto non esiste. Diremmo loro di restare nella loro Terra a combattere fino all’ultimo respiro.”
Da Damasco, Guido Bruno ed Eugenio Palazzini
214