Roma, 25 nov — Uno Squid Game nello Squid Game: potrebbe essere riassunto così il caso di un ragazzo della Corea del Nord arrestato e fucilato per aver venduto copie pirata della fortunata serie Netflix, trascinando con sé nella disgrazia altre giovani vite. Secondo quanto riferito dal Daily Mail alla sua esecuzione si sommano l’ergastolo per chi aveva acquistato la copia, e i 5 anni di lavori forzati dei sei giovani che l’hanno guardata. Quando si dice il finalismo rieducativo della pena…

Vende una copia di Squid Game, lo fucilano

Colto con le mani nel sacco dagli zelanti servizi di sorveglianza del Paese, il ragazzo è stato condannato senza appello alla morte per fucilazione. Senza possibilità di appellarsi sono rimaste anche le altre condanne più «lievi» — si fa per dire: l’ergastolo per l’acquirente, che passerà il resto della propria vita nelle carceri nord coreane per avere acquistato la copia pirata di una serie televisiva, e i cinque anni di lavori forzati per i sei telespettatori. Secondo quanto riportato dal tabloid inglese, gli arresti sarebbero avvenuti nella provincia settentrionale di Hamgyong, al confine con la Cina. «Tutto è iniziato la scorsa settimana quando uno studente delle superiori ha acquistato di nascosto una pennetta Usb contenente Squid Game. E ha poi guardato lo show con uno dei suoi migliori amici in classe», riferisce una fonte delle forze dell’ordine nella provincia di North Hamgyong al servizio coreano di Rfa.

Una legge durissima

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Classe 1977, nata nella città dei Mille e cresciuta ai piedi della Val Brembana, dell’identità orobica ha preso il meglio e il peggio. Ex musicista elettronica, ha passato metà della sua vita a fare cazzate negli ambienti malsani delle sottoculture, vera scuola di vita da cui è uscita con la consapevolezza che guarire dall’egemonia culturale della sinistra, soprattutto in ambito giovanile, è un dovere morale, e non cessa mai di ricordarlo quando scrive. Ha fatto uscire due dischi cacofonici e prima di diventare giornalista pubblicista è stata social media manager in tempi assai «pionieri» per un noto quotidiano sabaudo. Scrive di tutto quello che la fa arrabbiare, compresi i tic e le idiozie della sua stessa area politica.

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