Milano, 1 mag — L’efferato stupro avvenuto giovedì mattina nella Stazione di Milano Centrale continua a far parlare di sé per gli abissi di ferocia ed empietà raggiunti dall’aggressore, il 26enne marocchino Fadil Monir accusato di violenza sessuale aggravata nei confronti di una connazionale 35enne.

Erano emersi nei giorni scorsi i particolari agghiaccianti dell’inferno subito dalla vittima: sequestrata, abusata sessualmente, pestata a sangue ripetutamente per ore nella cornice degradata del Bronx attorno alla stazione Centrale, ormai sul punto di diventare una no go zone su modello scandinavo. Il rifugium peccatorum all’insegna dell’immigrazione clandestina che soffoca lo snodo ferroviario più importante della Lombardia in una cintura di rapine, stupri, accoltellamenti, droga, prostituzione.

Stupro in centrale, il marocchino è “compiaciuto e scredita la vittima”

«Sfrontato» e «quasi compiaciuto» dello stupro commesso, immortalato dalle telecamere della stazione: così il gip Patrizia Nobile ha valutato l’atteggiamento di Monir, che è arrivato  a screditare la vittima negando di averla violentata e facendo credere che si fosse concessa a lui per soldi e droga. A fronte della testimonianza della donna, dei riscontri della clinica Mangiagalli dove i dottori hanno confermato la compatibilità delle ferite con quelle di un’aggressione sessuale e delle immagini delle telecamere di videosorveglianza, il giudice non ha creduto a una parola del racconto del marocchino e ha convalidato il suo fermo. L’immigrato aveva raccontato di avere conosciuto la donna 4 giorni prima, che lei si sarebbe concessa sessualmente in cambio di denaro e che lo avrebbe denunciato inventandosi tutto. 

Monir resta in carcere

Le terribili immagini acquisite dai filmati confermano il «contesto di totale sopraffazione di una donna» costretta agli abusi sessuali con «crudele e impietosa ostinazione» mentre respinge il marocchino, «piange, si accovaccia a terra» e viene pestata a sangue. Monir resta dunque detenuto nel carcere di San Vittore perché potrebbe stuprare di nuovo stante la sua «personalità priva di freni inibitori, violenta e senza alcuna capacità di revisione critica e resipiscenza», che lo ha portato persino a «screditare ingiustamente la vittima».

Cristina Gauri

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Classe 1977, nata nella città dei Mille e cresciuta ai piedi della Val Brembana, dell’identità orobica ha preso il meglio e il peggio. Ex musicista elettronica, ha passato metà della sua vita a fare cazzate negli ambienti malsani delle sottoculture, vera scuola di vita da cui è uscita con la consapevolezza che guarire dall’egemonia culturale della sinistra, soprattutto in ambito giovanile, è un dovere morale, e non cessa mai di ricordarlo quando scrive. Ha fatto uscire due dischi cacofonici e prima di diventare giornalista pubblicista è stata social media manager in tempi assai «pionieri» per un noto quotidiano sabaudo. Scrive di tutto quello che la fa arrabbiare, compresi i tic e le idiozie della sua stessa area politica.

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