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Tracollo stampa liberal: Vice e Huffington licenziano giornalisti, la rete li deride

by Alice Battaglia
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Roma, 2 feb – Quella appena trascorsa è stata una settimana dura per il giornalismo digitale della stirpe di Vice: sono un migliaio i collaboratori di BuzzFeed, Huffington Post e Yahoo/AOL (quest’ultimo di proprietà di Verizon), che sono stati “svincolati” dalle rispettive testate e cioè, in parole povere, licenziati.

Sui social media sono rimbalzati ovunque i post dei giornalisti ritrovatisi improvvisamente disoccupati, che oscillavano tra lo smarrimento e le candidature per eventuali impieghi. Molti sono di questo tenore: “Come molti altri talentuosi e amabili giornalisti, sono stata lasciata senza lavoro oggi. Se siete sul mercato per un opinionista con un gigantesco archivio, o per un pubblicista con dieci anni di esperienza sulle problematiche di genere, parlate con me”. Questo, nello specifico, è un tweet inviato da Chloe Angyal, membro della sezione “Opinioni” sull’Huffington Post, ma in rete è possibile trovarne moltissimi altri, tra la schiera di editorialisti “alla moda” chiamati repentinamente a reinventarsi.

Ma come ha risposto la rete al disperato grido di aiuto dei columnist? Con supporto e comprensione? Con empatia e sconforto? Qualche utente ha simpatizzato con neo inattivi, soprattutto tra i loro colleghi non colpiti dalla scure dei tagli. Ma moltissimi frequentatori dei social network hanno manifestato una sorta di maligna soddisfazione, espressa con il sarcastico commento “imparate a programmare in software”.

Questa frase è un riferimento al fatto che i giornalisti sui media statunitensi, in particolare quelli di area progressista, hanno per anni ridicolizzato questa massima che arrivava dai manager della Silicon Valley come un consiglio ai giovani per il loro futuro. Pur non essendo una panacea per tutti i mali, ma di sicuro non era neanche una tesi da cestinare con spocchia e risolini sarcastici. Il tono usato da molti in quella circostanza ricorda parecchio le prediche nostrane sui giovani “choosy”, portate avanti in primis dall’ex ministro del lavoro Elsa Fornero, e poi da una folta schiera di opinionisti della carta stampata e della tv.

Nel 2014, ad esempio, l’editorialista esperta di internet di BuzzFeed, Katie Notopoulos, aveva creato un quiz dal titolo “Dovresti imparare a programmare?” per canzonare il teorema dei giganti dell’alta tecnologia: ora la frase è stata ripresa dalle orde “anti-media”, non tanto per difendere i programmatori, quanto per irridere chi aveva screditato il mantra dall’alto del proprio impiego come “esperti di studi di genere”.

Gli altri giornali stanno gridando allo scandalo per questo “attacco ai media travestito da meme”. In pochi, invece, si chiedono perché ci sia tanto astio verso i giornalisti… ma forse il silenzio su questo punto si deve solo al fatto che stanno studiando come programmare in software.

Alice Battaglia

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