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Tripoli sotto assedio ma l'Italia esclude un intervento militare. E accusa la Francia

by La Redazione
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Tripoli, 4 set – La Libia è nel caos, ma l’Italia esclude un intervento militare e preferisce affidarsi all’Onu, puntando alla Conferenza internazionale per la stabilità nel paese nordafricano che si terrà in autunno. A Tripoli si combatte da ore a colpi di mortaio, all’indomani della proclamazione dello stato d’emergenza da parte del governo libico di Fayez al Serraj, che ha anche chiesto aiuto a una milizia di Misurata per difendere il suo esecutivo dagli attacchi che dal 27 agosto hanno causato almeno 47 morti e 129 feriti.
La Forza Antiterrorismo di Misurata guidata dal generale Mohammad al Zain è arrivata nella caserma Tajura alla periferia ovest di Tripoli con 300 fra blindati e “tecniche” dotate di armi pesanti. Il governo di Serraj spera che la presenza della milizia di al Zain possa indurre la Settima Brigata di Tarhuna a fermare l’offensiva che anche oggi l’ha vista fronteggiare le forze filo-governative nell’area di Alhadba Alkhadra, a sei chilometri dal centro e dell’ambasciata italiana, che è stata parzialmente evacuata.
Nella rappresentanza rimangono alcuni diplomatici, tra cui il numero due della missione, Nicola Orlando, e l’addetto al servizio stampa, Steve Forzieri. “L’ambasciata deve essere pienamente operativa“, sottolineano fonti della Farnesina, perché l’Italia ritiene importante “monitorare da vicino la situazione e seguirla minuto per minuto”.
Si confida nella mediazione dell’Onu: la missione Unsmil ha convocato i rappresentanti delle milizie per una riunione che si dovrebbe oggi a mezzogiorno. L’obiettivo è aprire “un dialogo urgente sull’attuale situazione della sicurezza a Tripoli”.
Intanto, il ministero dell’Interno libico ha deciso di spostare la propria sala operativa a Gianzur, un centro abitato del distretto di Zawiya, distante 12 chilometri dalla capitale, e considerato più sicuro. Il ministro dell’Interno del governo di Accordo nazionale libico, Abdel Salam Ashour, ha emanato un’allerta per i quartieri di Ghut Shaal e Al Seyaheyya, zona ovest di Tripoli, e ha chiesto al direttore dell’apparato di sicurezza generale di “proteggere le due zone ed evitare che ci siano violazioni della sicurezza”. Il timore è che gli scontri a sud della capitale possano raggiungere l’area che un tempo rappresentava il quartiere diplomatico in cui sorgevano diverse ambasciate.
E’ stata confermata l’evasione di 400 detenuti dalla prigione di Ein Zara. Circa 300 immigrati erano stati evacuati dall’Alto commissariato dei rifugiati dell’Onu da un centro di detenzione due giorni fa nella stessa località. L’accesso a Facebook è bloccato in tutto il Paese.
L’Italia, fa sapere Palazzo Chigi, continua a seguire con “attenzione” l’evolversi della situazione e chiede, come ha già fatto sabato unitamente a Usa, Francia e Gran Bretagna, che cessino “immediatamente” le ostilità. Ed è l’intera diplomazia internazionale ad essere in allarme.
Ieri il governo italiano ha smentito che sia in preparazione un intervento dei corpi speciali, e tale posizione viene ribadita sia dal vicepremier, Matteo Salvini, sia dal ministero della Difesa, Elisabetta Trenta.
“Escludo interventi militari che non risolvono nulla. E questo dovrebbero capirlo anche altri”, ha detto il il ministro dell’Interno. “L’Italia – ha aggiunto – deve essere la protagonista della pacificazione in Libia. Le incursioni di altri che hanno altri interessi non devono prevalere sul bene comune che è la pace”. “Sono preoccupato. Penso che dietro ci sia qualcuno. Qualcuno – ha aggiunto – che ha fatto una guerra che non si doveva fare, che convoca elezioni senza sentire gli alleati e le fazioni locali, qualcuno che è andato a fare forzature, a esportare la democrazia, cose che non funzionano mai. Spero – ha concluso – che il cessate il fuoco arrivi subito”. “Sono in contatto diretto con i nostri uomini – aveva detto Salvini ai microfoni di Radio 24 -: militari, diplomatici, addetti dell’Eni che in Libia vivono rischi portati da un intervento militare senza senso”.
Roma accusa Parigi: “E’ innegabile che oggi il Paese si trova in questa situazione perché qualcuno, nel 2011, antepose i suoi interessi a quelli dei libici e dell’Europa stessa. Il presidente Fico ha ragione: la Francia, in questo senso, ha le sue responsabilità! Ma ripeto, ora bisogna remare tutti insieme per il bene e la pace del popolo libico”, scrive su Facebook il ministro della Difesa. Rincara la dose Salvini: “Chiedete a Parigi” se la Libia non è un porto sicuro per gli immigrati, dice, rispondendo ai giornalisti. La Farnesina, dal canto suo, continua a lavorare alla Conferenza internazionale: il ministro degli Esteri, Enzo Moavero, spiega una nota, “ha avuto questa sera una lunga conversazione telefonica con il Rappresentante Speciale del Segretario Generale Onu per la Libia, Ghassan Salameh, nel corso della quale ha appreso la sua valutazione sui recenti eventi e sulle azioni da lui intraprese per superare le tensioni e l’attuale fase di instabilità”. Moavero e Salameh “si riparleranno nuovamente nei prossimi giorni”. Inoltre, il capo della Farnesina “ha in programma una serie di contatti con i suoi omologhi dei Paesi maggiormente interessati alla crisi libica, anche in vista della preparazione della Conferenza Internazionale che il nostro Paese intende organizzare il prossimo autunno”.
L’Unione europea, intanto, ha lanciato un appello per far cessare le ostilità, sottolineando che la soluzione ai conflitti può essere solo “politica”. E’ un’urgenza su cui l’Ue deve essere “concentrata”, ha avvertito l’Alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini. E anche la Russia si dice “preoccupata”: “Dispiace constatare che la situazione non solo non si è stabilizzata, ma tende anche a peggiorare”, si legge in una nota del ministero degli Esteri; Mosca esorta “ancora una volta tutte le parti in conflitto a cessare le ostilità, a favorire il ripristino della calma nella capitale e nei suoi dintorni e a prendere tutte le misure per prevenire che il Paese piombi in un caos, gravido di conseguenze disastrose.

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