Nel 2015 la Germania ha accolto circa un milione di immigrati, la cifra più alta d’Europa, ed è tra i sei stati su ventotto dell’Unione Europea che si sono presi carico di quasi l’80% delle richieste d’asilo presentate in tutta Europa. L’idea era quella di importare forza lavoro con la scusa dell’accoglienza. Peccato che la gran parte degli immigrati accolti non parlasse il tedesco e avesse scarse qualifiche. Le confederazioni dei datori di lavoro hanno proposto di mandarli di nuovo a scuola, il che significa tramutare le grandi “risorse” per l’economia in un nuovo costo a carico dello Stato. Fatto sta che Continental ha avviato un programma di stage per 50 lavoratori migranti, ma dopo un anno solo il 30% dei posti è stato assegnato. Deutsche Post ha offerto 1.000 posti per uno stage indirizzato in modo specifico ai rifugiati, ma ha ricevuto solo 235 richieste di partecipazione. Se ne contano a centinaia di casi simili.
Un bel problema, anche facendo finta di non vedere gli specifici problemi legati alla sicurezza. I “rifugiati” legati all’Isis e che compiono o hanno in progetto di compiere attentati cominciano a essere un po’ troppi, in Germania. Si sa, del resto, che ci sono almeno 523 immigrati in terra tedesca che hanno legami con il terrorismo islamista, secondo quanto dichiarato da Holger Munch, capo della polizia federale tedesca. Un numero destinato ad aumentare, grazie all’opera di radicalizzazione condotta dai gruppi salafiti nei centri di accoglienza dove oltre 300 minori sono già caduti sotto l’influenza dei predicatori d’odio. Per non parlare dell’appoggio esterno garantito degli almeno 700 militanti jihadisti di passaporto tedesco, trasferitisi negli ultimi anni in Siria o Iraq per combattere sotto le bandiere del Califfato.
Adriano Scianca
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