Roma, 28 set — L’ultimo — in ordine di tempo — disperato richiamo al controllo delle opinioni proviene da Jacinda Ardern, premier progressista neozelandese conosciuta a molti per gli approcci tra i più autoritari e discriminatori al mondo in merito al contenimento della pandemia da Covid-19, arrivando a minacciare chiunque si fosse opposto al tampone di essere trattenuto in strutture ad hoc per settimane.
La Ardern, autoincensandosi in merito alle decisioni prese, sostiene che la pandemia sia stata un’occasione educativa nei confronti di tutta l’umanità, affermando che questa avrebbe riportato l’attenzione sul senso dell’azione collettiva evidenziando l’interconnessione e la dipendenza che persiste tra gli individui.
La premier neozelandese: “regolamentare la disinformazione”
Mentre si rivolgeva all’Assemblea generale delle Nazioni unite[4], con il solito approccio passivo aggressivo che l’ha sempre contraddistinta, Jacinda Ardern, esordendo in lingua Maori — perché l’ipocrisia del Commonwealth non ce la possiamo mai far scappare — ha affrontato la vecchia e cara tematica della “disinformazione”. Etichetta ben nota, al pari delle cosiddette fake news utile a censurare, in base a una supposta verità prodotta dal Ministero di fiducia, la libera opinione o, Dio non voglia, il pensiero critico, arrivando a sostenere che questa “disinformazione” dovrebbe essere regolamentata come vengono regolamentate armamenti, bombe e armi nucleari.
La libertà di pensiero è un’arma e come tale va limitata
Questo il discorso della premier neozelandese: “Una bugia online potrebbe non uccidere le persone come le armi precedenti, ma alla fine potrebbe essere altrettanto pericolosa. E se quella bugia, raccontata ripetutamente e su molte piattaforme, spingesse, ispirasse o motivasse gli altri a prendere le armi. Minacciare la sicurezza degli altri. Chiudere un occhio di fronte alle atrocità, o peggio, diventarne complici. Cosa poi? […] Non è più un’ipotesi. Le armi da guerra sono cambiate, sono intorno a noi e richiedono lo stesso livello di azione e attività che mettiamo nelle armi del passato. […] Abbiamo riconosciuto le minacce create dalle vecchie armi. Ci siamo riuniti come comunità per ridurre al minimo queste minacce. Abbiamo creato regole, norme e aspettative internazionali.
[…] Come leader, siamo giustamente preoccupati che anche gli approcci più leggeri alla disinformazione possano essere interpretati erroneamente come ostili ai valori della libertà di parola che apprezziamo così tanto. Ma anche se oggi non posso dirvi quale sia la risposta a questa sfida, posso dire con assoluta certezza che non possiamo ignorarla. Farlo rappresenta un’eguale minaccia per le norme che tutti apprezziamo. […] Dopotutto, come si fa a porre fine a una guerra con successo se le persone sono portate a credere che la ragione della sua esistenza non sia solo legale, ma nobile? Come affronti il cambiamento climatico se le persone non credono che esista? Come garantire che i diritti umani degli altri siano rispettati, quando sono soggetti a retorica e ideologia odiose e pericolose?”.
Retorica belligerante ed emergenzialismo emotivo
Come si può ben notare, la Ardern incarna ed usa le parole magiche e concetti chiave del politicamente corretto, il tutto condito dalla solita retorica belligerante immersa in un costante stato di emergenzialismo emotivo: “bugia online” e “disinformazione” anche conosciute come fake news, “minacciare la sicurezza” in pieno tributo al safetism imperante nei campus americani, “libertà individuali” perché questo è il tempo dell’autoritarismo dell’Io, “cambiamento climatico”, “diritti umani” e, dulcis in fundo, “ideologia odiosa e pericolosa”. Ecco l’ultimo volto, in ordine di tempo ma sempre di matrice anglosassone, presentabile e sorridente della nuova generazione di censori. Per un attimo, provate ad immaginare lo stesso accorato appello della paladina liberal oceanica, pronunciato da un esponente non progressista.
E’ vero, le parole possono essere armi, ma il mondo si divide tra chi ha il dito sul grilletto, pronto a censurare ogni punto di vista non dissonante e chi ha dimenticato a casa il caricatore delle idee, ben convinto che la politica non sia affatto “sangue e merda”.
Valerio Savioli
3 comments
“Abbiamo riconosciuto le minacce create dalle vecchie armi. Ci siamo riuniti come comunità per ridurre al minimo queste minacce. Abbiamo creato regole, norme e aspettative internazionali”
infatti,vedo in ucraina come funzionano BENISSIMO
le vostre regole,norme e aspettative internazionali.
e non ho il minimo dubbio che altrettanto avverrebbe se il mondo si adattasse a qualche forma di censura delle idee:
andrebbe a finire come ora…
che i potenti fanno quel che gli pare sia con le armi che con le idee,
(basta vedere come il “civilissimo” occidente america,inghilterra e svezia in testa hanno trattato snowden e assange)
e tutti gli altri zitti,se non vogliono ritorsioni personali e penali pesanti.
e dovremmo concedervi questo potere?
GELERA’ L’INFERNO,
prima che lo accettiamo.
[…] “Un sistema di censura globale contro la libertà di espressione”: il delirio del premier NZ […]
questa non è la stessa che si è fatta riprendere con un velo in testa che pregava a testa bassa davanti agli imam in una moschea qualche anno fa?