Washington, 4 lug – Il globalismo più fanatico procede imperterrito nella sua opera di polizia linguistica. E la punta di lancia di questo processo di ingegneria sociale sono, neanche a dirlo, i social network della politicamente correttissima Silicon Valley. Ad annunciare l’imposizione di un «linguaggio più inclusivo» è stato di recente Twitter. Esatto, stiamo parlando del social che, con la scusa della lotta alle fake news, più di tutti ha attaccato Donald Trump, nella speranza di giocare un ruolo decisivo nelle prossime elezioni presidenziali. E ora, appunto, arriva anche una stretta sulle parole che si possono o non si possono usare.
La lista nera di Twitter
Andando a vedere la bozza dell’indice delle parole proibite, già si respira una pesante aria orwelliana. Via ad esempio termini come «schiavo» e «padrone», che sarebbero parole racially loaded, cioè cariche di allusioni razziste. Meglio usare concetti più anodini come quelli di leader («capo») e follower («seguace»). Con buona pace di Hegel, che sulla dialettica padrone/servo aveva persino fondato la sua visione emancipatoria della storia universale. Ad ogni modo, non è finita qui, perché nel tritacarne del «linguaggio non inclusivo» sono finite anche parole come blacklist (cioè la lista di siti vietati) e whitelist (lista di siti affidabili). In questo caso, l’Alta Inquisizione di Twitter consiglia l’utilizzo dei termini denylist e allowlist.
We’re starting with a set of words we want to move away from using in favor of more inclusive language, such as: pic.twitter.com/6SMGd9celn
— Twitter Engineering (@TwitterEng) July 2, 2020
La neolingua globalista
Non manca ovviamente anche un assist all’ideologia gender: perché ad esempio rivolgersi a tutti dicendo «ehi ragazzi»? Non vi accorgete che, così facendo, state discriminando le donne e, magari, pure i transessuali? No, non ci siamo proprio. Molto meglio dire «ehilà gente», cercando di essere il più neutrali possibile. Insomma, via guys e largo a folks, people, you all. Per adesso siamo ancora alla fase in cui Twitter si limita a «consigliare» questo «linguaggio inclusivo». Ma quanto tempo occorrerà prima che il suggerimento si trasformi in obbligo?
Elena Sempione
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Ok, una volta che l’umanità intera avrà sposato completamente queste rivoluzionarie direttive, la merda continuerà indisturbata a dilagare nel mondo; solo che, probabilmente, non potremmo chiamarla merda, ma, magari, cioccolata.
Volendo essere proprio inclusivi e allineati, invece che “ehi, ragazzi” bisognerebbe scrivere:
“ehi, ragazzi, ragazze, tribadi, sodomiti, bierotici, transerotici, evirati, scrotolesi, pseudofallomuniti, sessolabili, pedofili, zoofili, vegetofili, petrofili, coprofagi… e altri pervertiti”…
Questo è il risultato della grave ignoranza che serpeggia ormai ovunque. La massa usa le parole in modo scorretto senza sapere o almeno chiedersi (ogni tanto) la vera origine “significante”… Il contro-potere (sic) davanti a questo, incapace di stimolare vera cultura, tenta di dominare il conseguente caos comunicativo, semplificando, omologando, costringendo. E’ una palese dimostrazione di quanto la globalizzazione, oggi in un mondo stracolmo di individui, sia impossibilitata ad avanzare se non schiacciando verità, cultura ed essere!
Un piccolo es. in merito: sentiamo, in strapiena democrazia, dire spesso “regalo” (dono al Re), al posto di usare il termine “dono”. Figuriamoci il resto… Tanto il latino ed il greco antico non servivano più! Scienza e tecnica, da sole, ci porteranno su un binario morto.