Roma, 3 giu – Era tornato da Parigi con il suo carico di livore e la sua voglia di rivalsa. Ma, come spesso accade, l’ansia da prestazione lo ha portato a far cilecca. In soli tre mesi di segreteria, infatti, Enrico Letta è riuscito a sbagliare tutto: invece di ridare ossigeno a un Partito democratico boccheggiante, l’ex premier lo ha ulteriormente affossato. E far peggio di Nicola Zingaretti, diciamocelo, non era impresa facile. Insomma, la cura Letta non ha funzionato, e anzi ha scaraventato il Pd sotto la soglia psicologica del 20 per cento, con tanto di sorpasso di Fratelli d’Italia. Una disfatta totale, perentoria.
Un fallimento annunciato
Ma quali sono i motivi di questo fallimento? In realtà, sono abbastanza intuitivi: l’idea di Letta era quella di rilanciare il Pd puntando su antichi cavalli di battaglia della sua tradizione politica. Insomma, il segretario dem voleva «dire qualcosa di sinistra», e cioè tre cose: ddl Zan, patrimoniale e ius soli. E il problema è proprio questo: di queste cose, agli italiani, non interessa un fico secco. Anzi, sono proprio quei temi che fanno girare le scatole un po’ a tutti, anche a una buona fetta dell’elettorato dem. Di più: in tempi di forte crisi economica e insicurezza sociale, l’impressione generale è che Letta stia parlando di aria fritta. Né più né meno.
La strategia di Letta per il Pd
Il punto è semplice: nonostante la retorica arcobaleno, è chiaro a tutti che il ddl Zan è una norma liberticida che mira a mettere il bavaglio a chiunque non intenda piegarsi all’ideologia gender; lo ius soli è un disperato tentativo di crearsi un «esercito elettorale di riserva», fregandosene però delle gravi conseguenze sociali che tale norma comporterebbe; la proposta di una tassa di successione – a prescindere da quel che se ne possa pensare – è invece chiaramente intempestiva, dato che arriva in un momento in cui i soldi scarseggiano e la fiducia nel futuro è ai minimi termini. Insomma, non ci voleva un genio per capire che, con queste tre mosse, Letta avrebbe senz’altro affossato il Pd.
Il rapporto segreto
La conferma di questa previsione arriva peraltro da un rapporto confidenziale che è stato divulgato oggi dal Giornale. Questo documento ha analizzato l’impatto dei tre temi forti di Letta sui social media. Ebbene, la patrimoniale ha incontrato la contrarietà del 76,59% degli utenti, mentre i favorevoli sono solo il 23,41%. Per quanto riguarda lo ius soli, si riscontra «una prevalenza di sentiment negativo (67,52%) rispetto alla quota di sentiment positivo emerso nel 32,48% di commenti e post analizzati». Anche sul ddl Zan le cose non cambiano: le reazioni negative (63,13%) surclassano nettamente quelle positive (36,87%). Ecco, sono questi i numeri del fallimento di Letta alla guida del Pd. Con queste premesse, le incombenti elezioni comunali potrebbero già rappresentare l’ultima spiaggia per il segretario dem: in caso di risultati deludenti, Enrico potrebbe tornarsene a Parigi. E rimanerci per un bel pezzo.
Valerio Benedetti
3 comments
Claro è il piano per cui era stato “asserenizzato” illo tempore dal buon vate di Rignano , anche lui in quanto a fondamentalismo europeista non secondo a nessuno!Ma lameno il fenomeno fiorentino aveva classe politica e bastradaggine per centellinare le caxxate! Questo letto-Letta è solo un kapo’, esecutore materiali degli schemi di sua Onnipotenza Gyorgy di Ungheria!
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NOOOO, perché lo volete rimandare a Parigi ? é tanto caro, io lo detestavo ma visti i risultati che ci porta, lasciatelo seghetario in eterno. Ma non capite che morto un papa se ne fa un altro? e se l’altro avesse una testa capace di pensare (difficile ma possibile) finisce che torna a cavalcare i sondaggi !!!