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Di Maio: così un errore di marketing può distruggere i 5 Stelle

by Adolfo Spezzaferro
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Roma, 30 apr – Per Luigi Di Maio e il Movimento 5 Stelle arriva un’altra sonora batosta. Dopo la sconfitta in Molise e il “no” di Matteo Renzi a qualsiasi accordo di governo con il Pd, il crollo elettorale registrato stamane in Friuli Venezia Giulia è la prova provata che “Giggino” sta affondando i 5 Stelle. Un errore di marketing, si direbbe nelle aziende. Sì, perché Casaleggio e Grillo hanno puntato tutto sul giovane rampante campano, come immagine vincente per i 5 Stelle. Ma l’immagine si è rivelata tutt’altro che vincente.

Infatti, mentre lo spoglio delle schede è ancora in corso, appare evidente che, con 10 punti percentuali in meno in Friuli rispetto alle politiche, il M5S (che ora è sotto il 9%) sta pagando il prezzo dell’aver messo in stallo la politica nazionale. I veti e i diktat di Di Maio hanno pesato sul ritardo nella formazione di un governo: a oltre 50 giorni dal voto nazionale non ci sono accordi e Mattarella ha la strada spianata per un esecutivo del Presidente.
Il leader dei 5 Stelle ha fallito con la politica dei forni, tenendo aperta la porta sia alla Lega (ma non al centrodestra) che al Pd (ma senza i renziani), dando giustamente l’idea di essere disposto a governare con chiunque pur di fare il premier. Poi, quando ha chiuso definitivamente con Matteo Salvini, ha ritrattato su praticamente tutto il programma elettorale, pur di convincere i dem a governare insieme. Adesso, con la doppia sconfitta, quella nel dialogo con i dem, e quella elettorale, molto pesante, in Friuli, Di Maio non può più dire di essere il vincitore, non ha più il diritto di imporre veti o condizioni. Non sarà mai premier, proprio perché ha sempre detto che avrebbe dovuto esserlo lui, a prescindere dal “contratto” di governo.
A pesare sul crollo di credibilità di “Giggetto” poi – e il voto in Friuli lo conclama – è proprio l’apertura ai “nemici giurati” del Pd. Per la base elettorale grillina (che ha sempre preferito un governo con la Lega) è stata la prova al di là di ogni dubbio che Di Maio direbbe e farebbe di tutto, pur di andare a Palazzo Chigi, anche tradire i “militanti”.
Per di più, l’apertura al Pd – punita dalle urne – non ha portato da nessuna parte, perché gran parte dei parlamentari dem di fatto sono ancora “opzionati” dal “senatore semplice” Renzi, ex segretario, ex premier, ex sindaco ma tuttora ago della bilancia.
Molto probabilmente adesso Mattarella inviterà tutti – per la gran gioia di Berlusconi (superato definitivamente da Salvini nella leadership del centrodestra) e di Renzi (da sempre contrario all’accordo con i 5 Stelle) – alla responsabilità, e rifilerà al Paese un governo tecnico, con un premier non politico che andrà bene a tutti i partiti. Perché ci sono scadenze urgenti – il Def in primis – perché l’Ue e i mercati ci chiedono stabilità, e perché – a questo punto è evidente – Mattarella non vuole che governi Salvini.
Adolfo Spezzaferro

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1 commento

paolo 30 Aprile 2018 - 6:15

sai quanto ce ne frega,di quello che vuole mattarella?
l’italia é una REPUBBLICA PARLAMENTARE,non presidenziale.
se noi cittadini votiamo per il cambiamento,questo cambiamento DEVE
venire….o con le buone,o a capate e pedate:
siamo ancora alle buone,ma NON ABBIAMO PIU’ PAZIENZA,CHIARO?
….fate quel che vi diciamo o ne subirete le conseguenze,e anche presto.

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