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Altro che fase 2, Conte è un disco rotto: “Rischio alto di nuovi focolai, più di così non si può fare”

by Adolfo Spezzaferro
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Roma, 29 apr – Riportare al lavoro 4,5 milioni di persone dal 4 maggio è già di per sé un rischio. Un “rischio calcolato” perché sarebbe pronto un meccanismo d’emergenza, con “chiusure mirate” per le aree o anche regioni dove tornassero a salire i “focolai di contagio“. Così Giuseppe Conte ribadisce che la fase 2 non può concedere altri allentamenti sia sul fronte della serrata generale che su quello delle restrizioni sugli spostamenti. E’ l’unica linea possibile per ora, replica Conte nell’incontro con governatori e sindaci della Liguria, della Lombardia, dove è andato in visita a a Lodi e Cremona, e dell’Emilia Romagna, nella città di Piacenza duramente colpita dal virus. “Il rischio di contagio di ritorno o riesplosione dei focolai è molto concreto ed è la ragione che ci spinge ad adottare sì un allentamento delle misure ma con prudenza”, spiega il presidente del Consiglio, giustificando il fatto che il Paese ancora non riparte. Nella sua ottica di estrema prudenza (che forse nasconde il fatto che nel dubbio, dopo i danni causati per non aver adottato misure dure fin dall’inizio, ormai si affida alla rigidità mentale degli esperti) Conte è convinto di aver concesso tanto all’Italia. “Dal 4 maggio 4 milioni e mezzo di persone torneranno a lavorare, prenderanno i mezzi pubblici, ma anche il mezzo privato può essere un rischio di contagio. Le scuole devono rimanere chiuse e non possiamo allentare sulle relazioni sociali“, è questa in sintesi la linea del premier, che vede contagi ovunque.

La coda di paglia del premier: “Abbiamo deciso noi, non gli esperti”

A chi si lamenta (compresi i sindaci del lodigiano) del fatto che la fase 2 in verità è una fase 1bis, Conte ripete che “molti cittadini sono delusi ma io non godo affatto a tenere il Paese ancora limitato: per adesso dobbiamo ancora procedere così“. E a chi gli fa presente che la linea del governo è quella di dare retta agli esperti e basta, lui ribatte: “Abbiamo deciso noi, non loro“. Anche se poi ammette che il programma in atto si basa sui risultati degli esperti. “Ecco perché non si può cambiare programma da una settimana all’altra“, dice il premier. Altrimenti, lancia l’allarme, “la curva del contagio ripartirebbe, e sarebbe una beffa dopo tutti i sacrifici compiuti”.

Anche Di Maio fa allarmismo: “Se imprudenti adesso in estate rientriamo in lockdown”

A ribadire i toni allarmistici del premier anche il il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. “Se siamo imprudenti adesso in estate rientriamo in lockdown“, dice a La vita in diretta su Rai1. “Il malato Italia sta meglio, lo stiamo curando, ma non è ancora in condizione di uscire totalmente dal lockdown“, aggiunge Di Maio. “Se il presidente del Consiglio non dà l’ok all’apertura di negozi e mercati, è perché ancora ci sono rischi sanitari alti, ce li certifica la comunità scientifica”. Insomma, anche il titolare della Farnesina ripete la solita cantilena secondo cui gli esperti – che sono i veri decisori – hanno detto che ancora non si possono riaprire i negozi o uscire di casa senza autocertificazione. D’altronde il famigerato Comitato tecnico scientifico ha consegnato uno studio al governo in cui si stimano 151mila pazienti in terapia intensiva dopo un mese se il 4 maggio davvero iniziasse la fase 2 (ma non c’è rischio, perché la fase 2 per l’appunto non sarà un “libera tutti”).

Adolfo Spezzaferro

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