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“Lega nel Ppe? Meglio comunista che democristiano”. La bordata di Borghi a Giorgetti

by Elena Sempione
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Claudio Borghi e Giancarlo Giorgetti

Roma, 6 ott – Volano gli stracci a via Bellerio. Dopo la mezza delusione delle Regionali, infatti, all’interno della Lega tira aria da resa dei conti. Più in particolare c’è maretta tra l’ala moderata del partito, capitanata da Giancarlo Giorgetti, e quella euroscettica, animata soprattutto da Claudio Borghi. E di fronte alla svolta moderata che Giorgetti vorrebbe imprimere alla Lega, Borghi è stato particolarmente chiaro. Anzi, ci è andato giù proprio pesante: «Giorgetti ha detto di dialogare con l’Europa. Come diceva il vecchio Pintor “non morirò democristiano”. Mentre gli altri con il passare del tempo diventano democristiani, io mi sa che con il passare del tempo divento comunista».

Moderati ed euroscettici

Borghi ha rilasciato queste dichiarazioni al vetriolo durante l’ultima puntata di Un giorno da pecora, programma che va in onda su Rai Radio 1. Ma l’economista della Lega aveva già mostrato diversi segni di insofferenza nei confronti di Giorgetti, che è stato nominato da Salvini responsabile del dipartimento Esteri del partito. Una scelta, quella del segretario, che in molti hanno interpretato come un nuovo corso, molto più accomodante nei confronti di Bruxelles. Tanto che si è cominciato a parlare di un possibile approdo della Lega nel Partito popolare europeo (Ppe), cioè quello che fino all’altro ieri era il nemico numero uno del Carroccio. Ma Borghi, appunto, la ritiene una strategia scriteriata: «Berlusconi era nel Ppe mi pare – ha affermato – ed aveva anche le spalle abbastanza larghe. Mi sembra di ricordare che fu levato di mezzo a colpi di spread e che nessuno mosse un dito per aiutarlo. Vi ricordate i risolini di Merkel e Sarkozy? Erano entrambi del Ppe. Mi verrebbe da dire che con amici così non avremmo bisogno di nemici», ha dichiarato pochi giorni fa in un’intervista all’Huffington Post.

Borghi contro Giorgetti

Insomma, Borghi ritiene il piano di Giorgetti totalmente sbagliato, visto che essere «amici dell’Europa» non paga: «Ho visto un altro partito esultare per essere stato decisivo nelle scelte europee: il Movimento 5 Stelle quando con i suoi voti è riuscito a salvare la Von der Leyen da una bocciatura che sarebbe stata epocale. Non mi risulta che i suoi elettori abbiano particolarmente gradito il “successo”. Vede: l’Ue dicono tutti di volerla cambiare da dentro. Piacerebbe anche a me. La domanda che nessuno fa a chi vuole cambiare l’Europa da dentro è che si fa se ci dicono di no». In sostanza, prosegue Borghi, «in Ue capiscono solo i rapporti di forza: chi pensa di ricevere doni essendo gentile è un illuso: per la gentilezza abbiamo Gualtieri, totalmente ubbidiente e servizievole, vogliamo provare a competere? Non mi pare che avremmo molte speranze di successo. Tedeschi e Francesi fanno i loro interessi: dobbiamo cominciare a fare anche noi i nostri: l’unica credibilità che avremmo nelle trattative è la minaccia di rompergli il giochino, da questa Ue ci guadagnano solo loro, l’hanno ammesso apertamente nei giorni scorsi anche il governatore della Banca Centrale Olandese e il prossimo premier Belga». Se queste sono le premesse, prepariamoci a vederne delle belle.

Elena Sempione

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