Roma, 27 gen – Il mestiere del politologo del giorno dopo è molto semplice: basta dire che chi ha vinto le elezioni le ha azzeccate tutte e che chi ha perso non ne ha imbroccata una, facendo intendere che tutto era sempre stato chiaro sin dall’inizio. Le elezioni in Emilia Romagna non fanno eccezione (parliamo di quelle, perché del voto in Calabria sembra non fregare nulla a nessuno, come se si trattasse di una terra lontana le cui usanze democratiche appaiono caricaturali e artificiose, tipo le elezioni in Afghanistan, e un giorno anche su questo bisognerà discutere): nei commenti del day after è tutto un fiorire di intelligentoni che, avessero dovuto farla loro la campagna elettorale, avrebbero preso come minimo il 70%.
Salvini, oggi, sembra quello che non ha capito nulla della partita che stava giocando, che ha sbagliato preparazione, per dirla in gergo calcistico. Bonaccini, invece, passa per una via di mezzo tra Churchill, Giulio Cesare e Kennedy. Se la seconda impressione è sicuramente falsa, la prima ha degli elementi di verità. Non è però facile stabilire se la debordante, iperattiva campagna elettorale salviniana abbia pesato più sul 43,6% preso dalla Borgonzoni o sul 7,8% che l’ha distanziata dal rivale. Insomma, Salvini è stato bravo a rendere contendibile il fortino rosso o è stato pollo a non riuscire a contenderla fino alla vittoria? In astratto la questione è interessante e si presta a mille valutazioni, in concreto conta solo vincere e quindi chi perde ha sempre torto.
Un referendum su se stesso
Cosa ha sbagliato, quindi, Salvini? Fermo restando l’enorme vantaggio concesso dal senno del poi, molti hanno puntato il dito contro la scelta di una candidata di basso profilo. È indubbio che la Borgonzoni non ha probabilmente portato un solo voto di suo. È anche facile immaginare che Salvini abbia appositamente scelto un candidato non ingombrante per puntare tutto al referendum su se stesso. Avrebbe potuto fare la campagna che ha fatto con un Zaia in salsa bolognese? Evidentemente no. Ma il punto debole della Borgonzoni non è stato, probabilmente, il suo essere poco appariscente, quanto semmai quello di essere sganciata dal tessuto socio-economico della regione. In Emilia Romagna girano soldi, non bruscolini: dare l’impressione di voler mettere la regione in mano a qualcuno che ha come unica qualifica quella di “salviniana” non ha probabilmente pagato.
Un solo registro
C’è poi da registrare un certo tono monocorde della propaganda salviniana, la sua incapacità di cambiare in corsa, di adattarsi ai contesti, di alternare registri, di fiutare l’aria. Salvini sa fare solo il Salvini. Spessissimo paga, ma a volte no. Fare il Salvini significa necessariamente polarizzare lo scontro, dividere l’elettorato in amici e nemici, chiamare alla mobilitazione totale dei pro, ma anche a quella dei contro. Questo, però, funziona in un contesto in cui sai di avere la maggioranza sociologica. In un contesto, cioè, in cui tutti i tiepidi che vai a stanare con il tuo martellamento stanno dalla tua parte. In Italia, funziona, in Emilia, no. Lì alla destra che dice “o con noi o contro di noi”, o con il citofonatore o con il citofonato, una grossa fetta della società moderata decide di essere contro. E sarà interessante, studiando i flussi elettorali, vedere quanti elettori di Forza Italia, per esempio, hanno preferito la solida realtà di Bonaccini ai sogni sovreccitati di Salvini.
L’assenza del contropotere
Con questo, sia chiaro, non si sta chiedendo a Salvini di fare il moderato. Sulla sostanza dei temi, anzi, dovrebbe essere ben più radicale. Ma sul campo propriamente propagandistico Salvini deve operare un cambio di passo, quando il contesto lo impone.
Ultimo aspetto: è del tutto evidente come in Emilia Romagna abbia vinto soprattutto un sistema di potere reale, che crea un indotto, delle clientele, ma anche una rete di consenso e di identificazione culturale. A tutto ciò, il sovranismo cos’ha da opporre, anche solo in chiave potenziale? C’è anche solo la volontà di creare un contropotere, a livello locale e nazionale? Si dà anche solo l’impressione di volerlo fare? Nella risposta a questa domanda c’è la risposta che cerchiamo.
Adriano Scianca
2 comments
Questi sono commenti corretti (quindi utili): non ci si può consolare col fatto di aver vinto in Calabria o nei paesi di Peppone e Bersani. Bravo Scianca.
Molto bene