Milano, 22 gen – Beppe Sala è certamente abile a gettare fumo negli occhi ai milanesi, la cui maggioranza votante rischia di farsi “affumicare” ancora dal vacuo sindaco manager col cuore diviso a metà tra sinistra e banche. Parliamo di fumo non solo per la capacità del primo cittadino di confezionare un’immagine alquanto artificiale di una Milano che certamente continua vantare le sue eccellenze storicamente peculiari, ma che, al tempo stesso, vive una serie di problemi lasciati irrisolti, anzi aggravatisi in nove anni di giunte rosse.
Vietato fumare alle fermate
L’ultima trovata del sciur Sala riguarda proprio il divieto di accendersi una sigaretta alle fermate dei mezzi pubblici. Sulla fondamentale questione il Consiglio comunale sarà chiamato a pronunciarsi a marzo, ma il nostro eroe della salute pubblica, che punta a rendere smoking free tutta la città entro i prossimi dieci anni, non si accontenta. Vorrebbe infatti che il certamente non benefico piacere del tabacco fosse precluso a tutti anche all’interno dello stadio. Uno stadio, che, per ora, stante la confusionaria questione che vede in prima fila lui stesso, è il “Meazza” di San Siro. Da cotanto intransigente alfiere dei divieti ci si aspetterebbe, per tacer di quanto di orrendo si vive dalla Stazione Centrale alle periferie, quantomeno, la medesima inflessibilità riguardo le malsane e spesso illegali abitudini dei centri sociali. Ma le munifiche coccole al Leoncavallo e la promozione ad assessore di uno storico paladino dell’ultrasinistra suggeriscono il contrario.
Il gradimento di Sala
Nonostante questo Sala non se la passa affatto male in quanto a gradimento. Con alcuni distinguo e note politicamente interessanti. L’ultimo sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera dice che il 69% dei meneghini intervistati vorrebbe l’ex Mister Expo riconfermato alla guida della città, mentre solo il 14% lo vedrebbe bene come leader nazionale. Contestualmente, nel capoluogo lombardo il Pd sarebbe ancora il primo partito con il 27,4%, precedendo però di pochissimo la Lega di Salvini che lo tallona al 26,8. Dunque si consolida il quadretto di un Sala major ideale per la metropoli che coniuga innovativa efficienza e cultura progressista/globalista? Ergo la città di Sant’Ambrogio si ripropone ancora come illustre roccaforte dei dem, amati nelle Ztl immuni dal sovranismo? Non proprio. O meglio, le risposte sono meno scontate di quanto si pensi.
Centrodestra avanti come coalizione
La stessa indagine statistica, detto del testa a testa Pd-Lega, rivela che, in future elezioni politiche, a Milano la coalizione maggioritaria sarebbe il centrodestra con il 44% dei consensi, spinto soprattutto dall’avanzata di Fratelli d’Italia, terzo partito col 12,9. Un exploit quello di Giorgia Meloni, che si verificherebbe a spese di una Forza Italia ridotta a un misero 4%, dato imbarazzante e pressoché terminale nella città di Silvio Berlusconi. Per il resto, il Movimento 5 Stelle, che all’ombra della Madonnina non ha mai sfondato, si fermerebbe sotto il 10; male anche Italia Viva di Renzi (ai tempi di Expo grande sponsor proprio di Sala) che raccoglierebbe appena il 2,5.
Insomma, al netto delle granitiche certezze della grande stampa, dei luoghi comuni di destra e di sinistra e delle variabili che hanno consentito finora a uno come Beppe Sala di regnare su Milano manco fosse Ludovico il Moro, qualcosa si muove anche da queste parti. Forse.
Fabio Pasini