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Anpi contro la statua di Giulio Cesare. Il motivo? Fu donata da Mussolini

by Michele Iozzino
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Anpi

Roma, 18 lug – Quella statua in piazza non ci può stare. È questa la nuova e imperdibile battaglia dell’Anpi, che a Rimini si schiera contro il ritorno nel suo luogo di appartenenza di un bronzo raffigurante Giulio Cesare. Il motivo? È stata donata alla città nel 1933 da Benito Mussolini.

La posizione dell’Anpi

Per i soloni del politicamente corretto dell’Anpi l’equazione tra Giulio Cesare e il capo del fascismo è cosa ovvia. A maggior ragione se l’oggetto del contendere riguarda una statua del primo voluta dal secondo. “La statua fu donata alla città di Rimini da Benito Mussolini e per tali ragioni incarna anche un valore storico e politico legato a colui che la donò. Per questo la nostra opposizione è forte e decisa rispetto alla sua collocazione in piazza Tre Martiri”. Argomenta così l’Anpi nel proprio comunicato, ribadendo che “piazza Tre Martiri è la piazza Antifascista”. Come a dire che è solo roba loro e gli altri non ci si devono impicciare.

Quel bronzo di Giulio Cesare voluto da Mussolini

Ma andiamo con ordine. La statua in questione venne realizzata dalla fonderia Laganà e regalata alla città per volere di Mussolini. Il 10 settembre 1933 venne inaugurata e collocata in piazza. Quest’ultima non era ancora piazza Tre Martiri – nome che assunse solamente a partire dal dopoguerra come omaggio alla retorica resistenziale – ma era chiamata piazza Giulio Cesare, a ricordare il legame tra Rimini e il grande condottiero romano. Infatti fu proprio qui che, una volta passato il Rubicone pronunciò la celebre frase “Alea iacta est”, “Il dado è tratto”. Motto che nelle versione che ne dà Svetonio è presente anche nel gonfalone cittadini: “Jacta est alea”. La statua rimase al suo posto originario fino al 20 giugno 1945, quando venne rimossa e spostata dai vigili del fuoco in un capannone, per poi finire sepolta nel greto del fiume Marecchia. Qui venne fortuitamente rinvenuta e recuperata nel 1953 da alcuni soldati. L’amministrazione comunale concesse loro di portare la statua in caserma, dov’è rimasta fino a qualche tempo fa, quando si è optato per il suo restauro. Nel 1996, grazie al Rotary club e alla Cassa Rurale San Gaudenzo, venne realizzata una copia dell’opera che venne collocata in piazza Tre Martiri.

Il parere di Sgarbi

Ora che si è concluso con successo il processo di restauro della statua, in molti chiedono il suo ritorno nel luogo dov’è sempre stata, ponendo fine a una sorta di damnatio memoriae che dura da quasi ottant’anni. In questo senso si è espresso recentemente Vittorio Sgarbi: “Inviterò la soprintendente considerare l’ipotesi di ricollocare la statua nel luogo originale. È la stessa piazza dove si trova il cippo in memoria di Giulio Cesare, e questa è storia, non politica…”. Di parere opposto è l’Anpi che, nel solito clima di ossessione per il “pericolo fascista”, vede il ricollocamento della statua nel suo luogo d’origine addirittura come un’offesa ai tre partigiani a cui la piazza è intitolata. Insomma, la solita cultura della cancellazione spacciata per memoria storica.

Michele Iozzino

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