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Avatar 2, arrivano le lagne woke: “E’ razzista, ha il complesso del ‘salvatore bianco’”

by Cristina Gauri
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Roma, 2 gen — Pioggia di critiche woke su Avatar 2: The Way of Water, finalmente nelle sale cinematografiche di tutto il globo: sul banco degli imputati il registra James Cameron, accusato da legioni di social justice warriors di essersi indebitamente appropriato di temi, storia e immagini dalle culture dei nativi americani e indigeni per il suo ultimo blockbuster acchiappadenari. Lo riferisce Newsweek .

Il sequel del successo del 2009 Avatar parla di colonizzatori umani che tentano di impossessarsi del pianeta Pandora abitato dagli iconici nativi dalla pelle blu. Le risorse sul pianeta Terra sono ormai agli sgoccioli a causa dello sfruttamento sconsiderato: Pandora rappresenta una nuova, ricca miniera da sfruttare indipendentemente dall’opinione degli omini colorati che la abitano.

Avatar 2, ecco le lagne woke: è appropriazione culturale

Primo particolare inaccettabile per i commentatori liberal progressisti: la composizione etnica del cast, formato prevalentemente da attori bianchi ad interpretare gli alieni Na’vi, tranne meno Zoe Saldaña, un’attrice latina nera, e Cliff Curtis, di origine Maori. Tuona così l’influencer nativo americano Yuè Begay: «NON guardate Avatar: The Way of Water», ha twittato Begay, che è anche co-presidente di Indigenous pride LA, «Unisciti ai nativi e ad altri gruppi indigeni in tutto il mondo per boicottare questo film orribile e razzista» in cui «le culture indigene sono state appropriate in modo dannoso» per soddisfare il «complesso del Messia Salvatore» tipico dell’uomo bianco che si interessa delle problematiche legate alle minoranze spinto da motivazioni egoistiche o per esibizionismo.

Ispirato dai nativi americani

«Perché guardare un film ridicolo sulla storia di una tribù di alieni blu quando potresti semplicemente sostenere i veri indigeni e la nostra lotta per l’acqua pulita qui sulla Terra?», ha criticato un’altro fine commentatore su Twitter. Begay si riferisce a un’intervista del 2010 rilasciata da Cameron al Guardian in cui aveva rivelato di aver concepito la realizzazione di Avatar dopo un viaggio in Brasile, nel corso del quale era entrato in contatto con il popolo Xingu dell’Amazzonia, in un viaggio che lo ha fatto riflettere sull’esperienza degli indiani nordamericani, ispirandolo nella stesura della pellicola.

«Avatar è una rivisitazione fantascientifica della storia del Nord e del Sud America nel primo periodo coloniale», ha confermato più volte  Cameron, «con tutti i conflitti e gli spargimenti di sangue commessi dagli invasori europei nei confronti delle popolazioni indigene». Così nella metafora cinematografica, «L’Europa rappresenta la Terra. I nativi americani sono i Na’vi». Se con tali premesse Cameron pensava di sfangarla contro le inflessibili schiere delle maestrine antirazziste, ha decisamente fatto male i calcoli.

Cristina Gauri

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2 comments

S 2 Gennaio 2023 - 5:47

-Se con tali premesse Cameron pensava di sfangarla contro le inflessibili schiere delle maestrine antirazziste, ha decisamente fatto male i calcoli.- … In poche parole lo ha preso in c*lo e, diciamolo, ciò è esattamente cosa meritano i liberal benpensanti che si prostrano ai piedi dei progressisti.

Detto questo, non riesco a comprendere le frignate sull’appropriazione culturale di cui tanto si blatera nella sedi della sinistra fricchettona. Per quale appropriazione brontolano? Di quale cultura parlano? L’Europa è la terra che ha visto sorgere la filosofia greca, l’ingegno romano, l’arte bizantina, il Rinascimento italiano, i lumi francesi, la tecnologia tedesca. Con tutto rispetto, ma dall’altra parte abbiamo tribù il cui perizoma di pelle animale era l’unico indumento. I Nativi americani solo in una cosa li difendo; la loro sconfitta diede vita agli Stati Uniti d’America, il male del mondo moderno

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jenablindata 2 Gennaio 2023 - 8:10

non ero interessato ad andarlo a vedere.
ma visto che si lagnano i woke dicendo che è un film razzista,
ho cambiato idea:
NON posso assolutamente perdermelo.

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