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Brexit, tutti contro Johnson. Ma il Parlamento resta chiuso

by Ludovica Colli
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Londra, 29 ago – La mossa del premier Boris Johnson di chiedere ed ottenere dalla Regina Elisabetta la sospensione del Parlamento britannico fino al 14 ottobre per portare a compimento la Brexit anche senza accordo con la Ue il 31 ottobre ha scatenato la reazione dell’opposizione e una serie di iniziative legali. Inoltre sono state già raccolte 1,2 milioni di firme per la petizione online contro la decisione del premier Tory. Il Parlamento non deve essere sospeso “almeno e fino a quando il periodo dell’articolo 50 sia stato sufficientemente esteso o l’intenzione del Regno Unito di ritirarsi dall’Ue sia stata cancellata”, recita il testo della petizione, riferendosi all’articolo dei trattati dell’Unione Europea che fissa la procedura per l’uscita dall’Ue.

I Laburisti e l'(inutile) opzione sfiducia

I Laburisti dal canto loro, da sempre contrari alla Brexit – con o senza accordo con la Ue – non hanno neanche una settimana di tempo per tentare di sfiduciare il primo ministro. Le Camere torneranno a riunirsi il 3 settembre e chiuderanno nuovamente il 9, solo sei giorni durante i quali presentare la mozione di sfiducia contro Johnson e cercare di approvarla. Altrimenti se ne parlerà il 14 ottobre, dopo il discorso della Regina, quando però sulla Brexit non si potrà più intervenire. I Conservatori in ogni caso fanno sapere al Guardian che “siamo stati molto chiari sul fatto che se ci sarà un voto di sfiducia, (Johnson,ndr) non si dimetterà. Non vogliamo le elezioni, ma se dobbiamo fissare una data, sarà dopo il 31 ottobre”. Quindi la sfiducia sarebbe inutile. Sì, perché in base al “Fixed parliamentary act“, nel Regno Unito un premier sfiduciato ha molta flessibilità nello scegliere la data del nuovo voto, qualora non si trovasse un governo alternativo nelle due settimane successive alla sua sfiducia.

Presentati due ricorsi contro la decisione di Johnson

Intanto sono stati presentati due ricorsi legali contro la decisione di Johnson. Una richiesta urgente all’Alta Corte è stata presentata da Gina Miller, l’attivista che già nel 2016 era riuscita attraverso i tribunali ad imporre un passaggio in Parlamento prima dell’attivazione dell’articolo 50 sulla Brexit. L’altra azione legale è stata avviata ad Edimburgo dal Partito nazionalista scozzese. Miller aveva già chiesto spiegazioni all’ufficio legale del governo britannico in merito a una possibile sospensione del Parlamento, ma nella risposta ricevuta il 27 agosto, ossia il giorno prima dell’annuncio di Johnson, si ribatteva che si trattava solo di una ipotesi “accademica”. Ora è chiaro che si tratta di una “realtà”, ha detto Miller, parlando di “un tentativo sfacciato, di proporzioni storiche, di impedire all’esecutivo di rendere conto del suo operato in Parlamento”.

L’attivista ha chiesto all’Alta Corte di pronunciarsi prima del 9 settembre, prima della sospensione quindi. Allo stesso modo, i legali del Partito nazionalista scozzese saranno domani in tribunale ad Edimburgo per chiedere alla Corte civile scozzese di anticipare l’udienza che era già stata fissata il 6 settembre. Già a metà agosto lo Snp aveva infatti chiesto al tribunale di pronunciarsi sulla possibilità di una sospensione dei lavori del Parlamento.

Ludovica Colli

 

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1 commento

SergioM 29 Agosto 2019 - 9:29

Avere un BoJo in italia !
Ma beato lui che può giocare con le leggi britanniche ,

se si dimette in GB …
SI VA A VOTARE !!!!
?

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