Si tratta nello specifico di una tecnologia sviluppata proprio in Italia negli anni novanta da Carlo Rubbia ma, a detta di Roberto Adinolfi, ad di Ansaldo Nucleare, «Nel nostro Paese non si è arrivati al punto di realizzare una facility di grandi dimensioni come in Belgio». Continua sempre Adinolfi: «Questo reattore, a differenza di quelli tradizionali, non è in grado di innescare una reazione a catena. Normalmente le centrali generano prodotti di fissione che hanno vita di centinaia di migliaia di anni e, una volta diventati rifiuti, devono essere messi in depositi speciali. Con Myrrha, invece, si potranno sottoporre quelle scorie a un bombardamento di neutroni che potrà ridurre la loro vita radioattiva a un migliaio di anni ma scendendo, già, nel giro di 200 anni, a una radioattività paragonabile a quella, esistente in natura, di una miniera di uranio».
Nel tentativo di superare le problematiche connesse alla sicurezza, il nucleare sembra quindi vivere un ennesimo rinascimento. Anche in Europa, dove è notizia recente la scelta inglese di costruire una nuova centrale capace di soddisfare il 7% della domanda interna. Se a questo si aggiungono le decine reattori attualmente in costruzione sparsi per il mondo e la scelta del Giappone –al di là della propaganda– di non chiudere le sue centrali che ancora contribuiscono ad una parte importante del fabbisogno, la fatalità di Fukushima sembra non aver influito a livello globale sulla validità e l’opportunità di sfruttare l’uranio per fini civili.
Filippo Burla