Roma, 4 mag – «Il tratto essenziale della mondializzazione non sta nel fenomeno di apertura delle economie nazionali, che non è certo nuovo, ma nella perdita della realtà di quelle entità nazionali sotto l’effetto della decomposizione degli spazi di regolamentazione nazionali. […] Siamo arrivati alla sottomissione totale della vita alla logica del profitto, mentre l’economico si impone sempre di più sul politico».
Così Alain de Benoist inquadra la mondializzazione in La Fine della Sovranità. Come la dittatura del denaro toglie il potere ai popoli (Arianna), saggio in distribuzione in Italia da inizio aprile e del quale ci siamo già occupati intervistando il curatore della prefazione.
Una mondializzazione che, secondo il pensatore francese, ha portato alla fine del mondo. O meglio, di un mondo nel quale si ammiravano gli eroi, nel quale si avevano più modelli che diritti, nel quale vi erano frontiere all’interno dalle quali agli uomini veniva garantito un modo di essere e di vivere di loro specifica pertinenza.
E quel mondo è stato sostituito da un nuovo mondo, un mondo liquido, dove spazio, tempo e punti di riferimento sono stati aboliti, nel quale tutto è soggetto a mercantilizzazione, persino le tradizioni e la storia. Un mondo fondato sulla religione dell’io, su un desiderio narcisistico di libertà incondizionata finalizzata ad un vuoto totale. Un mondo che «si è forzato, con il pretesto della modernizzazione emancipatrice, di far confluire liberalismo economico e liberalismo societario, sistema di mercato e cultura marginale, grazie soprattutto alla strumentalizzazione mercantile dell’ideologia del desiderio, capitalizzando così sulla decomposizione delle forme sociali tradizionali». Un mondo che ha come obiettivo generale l’eliminazione di ogni struttura comunitaria perché aliena a logiche di mercato.
La mondializzazione, secondo l’autore del saggio, è quindi un progetto rivoluzionario che fa dello sradicamento un ideale e una norma: grazie a questo fenomeno il capitalismo ha potuto imporre dovunque le sue leggi e i suoi dogmi, garantendosi un mondo dominato dall’ordine tecno-commerciale, dai valori consumistici, dall’individualismo degli stili di vita, all’interno del quale Stati, nazioni e popoli non hanno più sovranità.
Questa mondializzazione, che non riconosce alcun limite e alcun ostacolo politico, etico, sociale ed economico, è riuscita ad esautorare il potere dei popoli.
In Europa questo esproprio di sovranità si è avuto attraverso accordi imposti alle nazioni dall’Unione Europea e da organi privi di qualsiasi legittimità democratica. Il saggio espone con efficacia e chiarezza la natura di questi accordi – Meccanismo Europeo di Stabilità, Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance, Partenariato transatlantico sul commercio e sugli investimenti – evidenziando come, grazie ad essi, le nazioni siano state amputate del potere di decidere le entrare e le spese dello Stato, ruolo ormai trasferito alla Commissione europea, e come il commercio euro-atlantico sia stato vittima di una totale deregolamentazione.
Il saggio non manca di fare chiarezza sui debiti pubblici, definiti debiti infiniti e a crescita esponenziale continua, e di criticare i programmi di austerità messi in atto per contrarre il deficit: «i programmi di austerità comportano meccanicamente un aggravamento della disoccupazione e un deterioramento del potere d’acquisto, quindi della domanda, il che non può che frenare la crescita e diminuire ulteriormente la solvibilità degli Stati», impedendo quindi ogni possibilità di uscita dalla spirale del sovraindebitamento. L’unica soluzione individuata da de Benoist per uscire da questa crescita esponenziale del debito presuppone una rinazionalizzazione dell’economia e la fine dell’indipendenza delle banche centrali dallo Stato: questo perché secondo l’autore francese non vi potrà mai essere un riaggiustamento spontaneo del sistema.
Individuando la crisi attuale come una crisi del debito, il saggio non ritiene che la soluzione possa essere individuata nel semplice ritorno alle monete nazionali, con l’abbandono dell’euro. Sarebbe necessaria semmai l’applicazione di un protezionismo europeo e la nazionalizzazione delle banche, accompagnata dalla creazione di un sistema creditizio socializzato. In pratica, per uscire dalla crisi, è indispensabile un ritorno al primato della politica sull’economia e della sovranità dello Stato sui mercati.
Il raggiungimento di questo obiettivo necessita, a suo avviso, di uomini coraggiosi, uomini «che vogliono un nuovo inizio, che vivono nella notte ma non sono della notte poiché vogliono ritrovare la luce, che sanno che al di sopra del reale c’è il possibile».
Uomini a cui piace citare George Orwell: «In un’epoca di universale disonestà, dire la verità è un atto rivoluzionario».
Renato Montagnolo
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[…] Alain de Benoist, La fine della sovranità. Una messa in stato d’accusa della dittatura del denaro che sta togliendo ai popoli la loro […]