Roma, 30 dic – Ad ogni incidente con morti ritorna di attualità il problema dei rischi connessi alla guida sotto l’effetto di alcol e droghe. L’ultimo caso è stato quello della piccola Stella Manzi, la bambina di 8 anni investita ad Aprilia da un romeno ubriaco e senza patente e morta ieri all’ospedale Bambin Gesù di Roma. E’ sempre più chiaro che però non si ha il polso della situazione, o tanto meno il controllo. Tanto per cominciare, paradossalmente non sappiamo quante persone guidino con le droghe addosso. Quindi non sappiamo neanche quali, fino a che punto e in che tipo di situazioni possano compromettere la guida.
Sappiamo che in un campione di incidenti stradali molti avevano bevuto, e che chi aveva bevuto di più ha causato incidenti più gravi. Non sappiamo però niente su quanti non causano incidenti e hanno bevuto lo stesso. I controlli “a campione” sembrerebbero dire che i guidatori presi a caso sono meno “alcolici” di quelli che causano incidenti. I dati su molte altre sostanze proprio non ci sono, tanto meno sui medicinali.
La falla più evidente è però quella che riguarda i sistemi filtro per rimettere le persone sulla strada dopo il ritiro o la sospensione della patente. Le commissioni preposte di fatto non eseguono quasi mai visite specialistiche (quella oculistica è un classico, ma purtroppo è spesso anche l’unica). Non si effettuano prove con simulatori di guida, o altri test per verificare i requisiti minimi (attenzione, prontezza, comprensione dei segnali).
Gli esami per alcol e droghe possono individuare l’uso (solo il capello su un lungo periodo di tempo, gli altri solo recente e di una certa quantità), ma di fatto non esiste modo per distinguere chi usa liberamente senza rischio, chi usa da tossicodipendente e chi usa ma in maniera rischiosa, perché tende sistematicamente a mettersi alla guida quando usa, anche se non lo fa regolarmente.
Naturalmente poi, questi controlli funzionano per chi è già noto come utilizzatore di sostanze, non per gli altri. Quindi, per quieto vivere, chi è stato “pizzicato” una volta subisce controlli anche oltre e fuori dal controllabile, mentre chi non è mai stato “pizzicato” lo sarà solo per caso, o a incidente avvenuto.
Ci sono curiosi paradossi in questo. Ad esempio se voi siete eroinomani e non vi curate, può darsi che causiate un incidente e solo allora vi sia ritirata la patente. Se invece vi curate, i medicinali da assumere e che tengono bloccata la tossicodipendenza possono essere motivo di rifiuto della patente. E le commissioni spesso danno come messaggio “smetti la terapia e poi ripresentati per la patente”. Soggetti con comportamenti pericolosi che sono messi in condizioni di guidare a rischio, e di far correre più rischi, quando erano invece rientrati nella normalità.
Ad altri si chiede una serie di esami delle urine, mentre fanno una terapia, di cui nessuno controlla la reale efficacia a priori. In più, non esiste controllo a posteriori su chi la terapia la sospende, cosicché una patente data in condizioni “protette” dal giorno dopo può trasformarsi in una patente “a rischio”.
Su tutto l’autocertificazione, un buon metodo per scaricare la responsabilità sul dichiarante, ma per niente protettivo e rassicurante per chi frequenta le strade.
Controlli “tutto-o-nulla”, da cui poi si pretende l’impossibile: prevenire un comportamento come la guida a rischio che può avere diverse ragioni e che può non essere regolare. Chi perde le capacità di guida in maniera stabile per una malattia, probabilmente non guiderà più per causa di forza maggiore o di sua stessa iniziativa. Chi usa droghe probabilmente tenderà a sottovalutare i rischi una volta che le ha consumate. A chi sono rivolte quindi le campagne per la guida sicura ?
Ultima, la tendenza del momento è che chi provoca incidenti con un rischio prevedibile o commettendo infrazioni macroscopiche, tipo guidare in autostrada contromano, sia accusato non più di omicidio colposo ma di omicidio volontario (come chi lancia sassi dal cavalcavia). Purtroppo, se già chi guida in stato di ebbrezza può correr via senza prestare soccorso, spaventato dalle conseguenze legali che corre, se il rischio legale fosse ancora maggiore, l’omissione di soccorso sarebbe ancora più improbabile.
Matteo Pacini