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Il governo cede al “nuovo” Patto di Stabilità: perché dobbiamo preoccuparci

by La Redazione
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Roma, 21 dic – Alla fine il governo italiano ha detto sì al nuovo Patto di Stabilità. Cessione o successo della trattativa? Le informazioni trapelate al momento, fanno propendere per la prima ipotesi. Ma andiamo con ordine.

Nuovo Patto di Stabilità, il contenuto

Così come riportate dall’Ansa, ecco le regole del nuovo Patto di Stabilità, che rimarrà nella sostanza dei vecchi parametri del 3% del rapporto deficit/Pil e del 60% del Pil al di sotto del quale deve sempre essere il debito, ma che avrà diverse varianti applicative:

* RIDUZIONE DEFICIT. Quando il deficit eccessivo supera il tetto del 3% l’aggiustamento annuo richiesto è dello 0,5% del Pil in termini strutturali. L’accordo prevede però che il ritmo della correzione tenga conto dell’aumento della spesa per interessi al fine di non bloccare gli investimenti più urgenti.
* BRACCIO PREVENTIVO. I Paesi con un rapporto debito-Pil superiore al 90% dovranno far scendere il livello del disavanzo all’1,5%. Per farlo servirà un aggiustamento strutturale annuo dello 0,4% per quattro anni o dello 0,25% in sette anni, calcolato al netto degli interessi sul debito con l’impegno del Paese a fare investimenti e riforme.
* RIDUZIONE DEBITO. Dovrà essere dell’1% annuo per i Paesi che superano la soglia di un rapporto debito-Pil del 90% e dello 0,5% annuo per chi lo ha tra il 60 e il 90% del Pil.
* PERIODO TRANSITORIO. Tra il 2025 e il 2027 la Commissione europea, nello stabilire il percorso di risanamento dei conti, terrà conto degli oneri degli interessi sul debito sempre con l’obiettivo di lasciare ai Paesi spazio per gli investimenti.
* PIANI DI SPESA. I Paesi sotto procedura dovranno concordare l’uso dei fondi pubblici con la Commissione europea nel rispetto delle traiettorie di aggiustamento del debito. I piani ad hoc sono quadriennali e all’insegna della flessibilità potranno essere estesi a sette anni tenendo conto degli sforzi di investimento e riforma compiuti dai governi per attuare i Pnrr.
 * SCOSTAMENTO DAI PIANI DI SPESA. Sempre all’insegna della flessibilità è prevista la possibilità di uno sforamento dello 0,3% rispetto al piano concordato.
* I TEMPI DI APPROVAZIONE. L’intesa politica tra i ministri apre la strada ai negoziati con l’Eurocamera per arrivare all’accordo finale e al varo delle nuove regole entro aprile 2024. 

Perché il governo ha ceduto

Il governo ha ceduto perché ha perso sul fronte più importante: quello della cosiddetta “golden rule” sugli investimenti. Il nuovo Patto li includerà tranquillamente nel computo del debito, eccezion fatta per le spese sulla Difesa e sul Pnrr. Ovvero, sul primo fronte, non qualcosa di direttamente legato all’occupazione e al lavoro (e non certo voce massima dell’economia italiana, azzarderemmo), sul secondo, aggrappandosi ancora una volta a un fondo di cui metà soldi sono a prestito e andranno restituiti lo stesso.

Perché dobbiamo preoccuparci

L’unica “leggerezza” prevista nel nuovo Patto sembra il “periodo transitorio” tra il 2025 e il 2027 sugli oneri degli interessi sul debito. Un passaggio che suona un po’ come la “sospensione del Patto di Stabilità” durante la pandemia Covid. Poi, cosa succede? Importante da sottolineare: ci sono ancora tante e troppe sfumature che non conosciamo. Per ora possiamo dire che il “nuovo” Patto non è “nuovo” per nulla, ma di questo abbiamo avuto solo conferma definitiva, visto che lo sostenevamo da quando è iniziata la trattativa. Per lo meno, non è “nuovo” se per “novità” si intende una versione filosoficamente diversa del “vecchio” Patto. Ovvero: “meno austerità”. Un sogno irrealizzabile (o realizzabile solo nella testa degli euroinomani), come ampiamente previsto, e ulteriormente ammazzato dai parametri di “aggiustamento” del Pil dello 0,5% annuo, per non parlare della riduzione del debito dell’1% annuo che ci riguarderà direttamente.

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