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Incendi boschivi: servono soluzioni non allarmasmi catastrofisti

by Andrea Bonazza
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Roma, 17 ago – Mentre i catastrofisti del clima continuano ad ammorbarci con assurdi appelli all’uso di condizionatori, stufette e le stesse piastre elettriche che ci avevan detto di comprare in alternativa ai cari vecchi fuochi, un altro grave allarme quest’estate risuona in tutto il globo. Nello scorso 2021, circa 16 campi da calcio alberati al minuto sono andati in fumo a causa degli incendi boschivi. Ad affermarlo è un nuovo rapporto di Global Forest Watch. Gfw è un’applicazione web open source che serve per monitorare le foreste del globo quasi in tempo reale. E’ un’iniziativa del Wri, il World Resources Institute, con partner di tutto rilievo come Google, Usaid, l’Università del Maryland, Esri, Vizzuality e molte altre organizzazioni accademiche, senza scopo di lucro, pubbliche e private. Se parte dei finanziatori del progetto ci fanno alzare quindi per forza le antenne della nostra “linea non mi fido”, i dati pubblicati dall’organizzazione sono però realmente allarmanti e sotto gli occhi di tutti. In tutto il mondo, infatti, la quantità di copertura arborea bruciata è quasi raddoppiata negli ultimi 20 anni. Se Gfw attribuisce parte delle cause al cambiamento climatico, “fattore chiave in quanto porta a temperature più elevate e condizioni più asciutte”, dall’altro lato vi è l’odiosa prassi di appiccare volontariamente incendi per piromania, mitomania, deficienza o, come accade in buona parte del mondo: tenersi stretto il proprio posto di lavoro da forestale.

Un 2021 disastroso

Nel corso del 2021, il secondo anno peggiore per incendi mai registrato, un’area grande quanto il Portogallo è andata in cenere. “È sbalorditivo – afferma James MacCarthy, analista di Global Forest Watch – È circa il doppio di quello che era solo 20 anni fa. È sorprendente quanto l’attività del fuoco sia aumentata in così poco tempo”. Gli impatti delle perdite legate agli incendi, inoltre, si farebbero sentire principalmente nelle foreste dei paesi più settentrionali del mondo come il Canada e la Russia. Sebbene il fuoco sia una parte naturale del modo, la portata della distruzione vista in Russia nel 2021 è stata senza precedenti. Dei 9,3 milioni di ettari bruciati a livello globale, la vastissima Russia ne rappresentava più della metà. “La cosa più preoccupante – continua MacCarthy – è che gli incendi stanno diventando più frequenti, più gravi e hanno il potenziale per sbloccare molto del carbonio che è immagazzinato nei suoli lì”.

Serve un analisi equilibrata

Come ben sappiamo, gli alberi e lo stesso suolo immagazzinano buone quantità di anidride carbonica, gas fondamentale per il riscaldamento della nostra atmosfera. Le regioni settentrionali del mondo però, si starebbero riscaldando a un ritmo più veloce, portando quindi a stagioni di incendi più lunghe. Secondo il dottor Doug Morton, capo del Laboratorio di scienze biosferiche della Nasa, “il cambiamento climatico sta aumentando il rischio di incendi più caldi, più veloci e più grandi”. A dirlo, però, va sottolineato, è l’agenzia spaziale americana Nasa che, dato il governo al quale corrisponde, ha tutti gli interessi a rilasciare simili affermazioni. Lungi da noi fare del catastrofismo, ma nemmeno del complottismo cieco, ci teniamo ad evidenziare però soprattuto le cause umane di questo disastro, che non per forza centrano con gli utensili elettrici o sovrappopolazione mondiale.

Urgono deterrenti e prevenzione

Sempre nel 2021, l’Italia ha ovviamente conquistato l’ennesimo record negativo, “vincendo il primo premio” per incendi in Europa. Da gennaio a settembre dello scorso anno sono andati in fumo ben 1.552,72 chilometri quadrati di boschi, foreste e campagne. Come se il caro vecchio Nerone fosse tornato a trasformare in cenere la superficie totale di Roma e Parma. Tra i danni dell’anno scorso e la recente escalation incendiaria dell’estate in corso, secondo le stime di Coldiretti questo disastro costa all’Italia oltre un miliardo di euro fra opere di spegnimento, bonifica e ricostruzione. A tal proposito, va detto che solo circa il 50% dei budget nazionali per i vigili del fuoco, serve effettivamente per rispondere agli incendi boschivi. Meno dell’1% di questo, salvo alcune zone, è però effettivamente per la preparazione e la pianificazione della prevenzione. Interventi urgenti dovrebbero essere effettuati in ogni regione, così come le leggi stesse in materia dovrebbero essere riviste e radicalizzate. Pene molto più severe dovrebbero essere impartite a piromani, guardie in cerca del rinnovo dei contratti di lavoro e costruttori senza scrupoli in cerca di terreni edificabili.

Cosa fare in caso di incendio

A partire dal 2017, la riforma Renzi-Madia ha azzerato il Corpo forestale. I numeri sin da subito non hanno premiato questa scelta né in termini di risparmi economici né di risultati nel contrasto agli incendi. Questa riforma infatti, unita alle problematiche della nazione ed a un corpo nazionale dei vigili del fuoco in rivolta contro lo Stato per carenza di mezzi e uomini, sta facendo si che si verifichino incendi maggiormente distruttivi e che durano più a lungo. In attesa di entrare in uno “stato di emergenza”, è fondamentale in caso di incendio agire con tempismo e precisione. Nel caso in cui si avvista un incendio, anche pochi minuti possono fare la differenza, perciò per consentire interventi rapidi ed efficaci, il gruppo ecologista italiano La Foresta Che Avanza ha diffuso nei giorni scorsi sul web alcuni semplici consigli. Al telefono con i soccorsi, gli ecologisti invitano innanzitutto a mantenere sempre la calma e parlare con chiarezza.Va poi indicata con la maggior precisione possibile la località, precisando la provincia ed il comune dell’area che sta bruciando. Segnalare se sul posto vi sono già delle persone che stanno provvedendo a spegnere le fiamme e non riagganciare fino a che l’operatore non lo dica, o non abbia ripetuto il messaggio. Va ricordato che il 1515 è un servizio gratuito, attivo 24 ore su 24, su tutto il territorio nazionale.

Il disboscamento nella Foresta Amazzonica

Nell’Amazzonia brasiliana, reputata da sempre uno dei polmoni del mondo, il crescente numero di alberi abbattuti a causa del disboscamento agricolo sta portando ad un effetto a catena. A tal proposito, sempre James MacCarthy del Global Forest ha affermato che “la deforestazione cambia i climi locali e regionali e rimuove gran parte dell’evapotraspirazione che aiuta a mantenere le temperature basse e più umide”. Fino a qui non possiamo che essere d’accordo, certo. Questo però non spiega come mai tali fenomeni avvengono anche in zone montane, costiere a ridosso del mare e, per l’appunto, particolarmente umide, fluviali e paludose come nel caso amazzonico.

Servono risposte nazionali, non globali

Mentre molti degli alberi bruciati impiegheranno diversi decenni per ricrescere nella loro piena maturazione, gli impatti associati a queste perdite arboree si riversano inevitabilmente sulla biodiversità, intercedendo negativamente sulla qualità dell’acqua e sull’erosione del suolo. Secondo l’Onu, altra organizzazione che genera più dubbi che certezze, si prevede un aumento del 50% degli incendi entro la fine di questo secolo. Per affrontare il problema, ancora una volta, gli scienziati invitano a tagli rapidi e netti delle emissioni globali di carbonio. Una frase che, dalle sinistre manifestazioni dei Friday for Future di Greta Thunberg, negli ultimi anni continuiamo a sentire nella mente come un mantra. D’altronde, ormai abbiamo capito essere uno dei punti fondamentali dell’agenda globalista, con o senza cavalcare le fiamme divampate dai razzi della Nasa. Se il problema degli incendi boschivi è però un allarme globale, dove in molti casi le multinazionali sguazzano, la soluzione migliore, ancora una volta, è ridimensionare la risposta alle care vecchie nazioni; padroni, sovrane e conoscitrici migliori delle proprie risorse e dei propri boschi.

Andrea Bonazza

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2 comments

Enom 18 Agosto 2022 - 1:54

È colpa del catastrofismo mediatico, gli incendi purtroppo sono tutti dolosi.

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jenablindata 18 Agosto 2022 - 3:47

….
ci vuole un pò di razionalità:

piantate più alberi,e
piantateli meglio con fasce di rispetto libere,tra una area e l’altra del bosco…in modo che gli incendi NON possano trasmettersi facilmente:
disboscare abitualmente l’interno dei boschi
abbattendo selettivamente gli alberi vecchi e ripiantumando all’istante gli abbattimenti
(lo stesso boscaiolo che abbatte un albero ne pianta subito un altro)
a fianco dei boschi statici,prevedere delle aree a disboscamento rapido (vicino a strade e acqua)
sia in caso di incendio che per sequestro di CO2: gli alberi qui piantati e abbattuti con cadenza ventennale o decennale (tipo paulonia,per esempio)
siano impiegati in blocchi da costruzione RIUTILIZZABILI per centinaia di anni in edilizia (tipo mattoni da 200x25x25 in sostituzione dei mattoni in laterizio)
oppure interrati in forre,cunette,fossi e avvallamenti nei dintorni,da coprire successivamente di terra:un ottimo modo di spianare zone collinose scarsamente utilizzabili,e contemporaneamente,di sequestrare per millenni la CO2

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