Home » La leggenda del Piave: il 24 maggio e una lotta che fu molto più sentita di quanto non si dica

La leggenda del Piave: il 24 maggio e una lotta che fu molto più sentita di quanto non si dica

by Stelio Fergola
1 commento
leggenda piave

Roma, 24 mag – La leggenda del Piave e quel 24 maggio 1915 che portò l’Italia ad affrontare una sfida fondamentale per la sua stessa essenza sono – ancora – nella memoria di molti, nonostante la censura della cultura dominante e la criminalizzazione costante della Grande Guerra.

Il 24 maggio 1915, la leggenda del Piave e una Nazione intera che si mosse

La leggenda del Piave, composta nel 1918, ha origine tre anni prima, quando dopo incertezze, bisticci, dibattiti infiniti, il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarava guerra all’Austria Ungheria ed entrava a tutti gli effetti nel primo conflitto mondiale. Una lotta che avrebbe coinvolto 5 milioni e 200mila soldati. Milioni di uomini e ragazzi tacciati dalla tristissima storiografia mainstream come delle specie di fuggitivi costretti col fucile a combattere, basandosi su 100mila denunce per diserzione e appena un migliaio scarso di condanne reali: non serve essere dei geni in matematica per comprendere quanto si tratti di una porzione estremamente minoritaria (se si parla delle denunce) e addirittura infinitesimale (se ci si concentra sulle condanne effettive). Eppure, a dominare nella narrazione è la figura del soldato italiano confuso, menefreghista e codardo, il quale in fondo non sapeva per cosa combattere. Beninteso che bisogna essere veramente imbecilli o viventi in un mondo fantastico per credere che su oltre 5 milioni di combattenti, con il livello di alfabetizzazione e istruzione basso di un secolo fa, tutti comprendessero esattamente e perfettamente le ragioni di una guerra fondamentale per la costruzione dell’Italia moderna e del completamento del processo risorgimentale, quanto sia storta questa narrazione è stato evidente dagli scritti di chi, su base accademica e scientifica, ha analizzato la condotta dei soldati italiani in modo mirabile, come Mario Isnenghi, il quale nei suoi studi sulla Grande Guerra non ha certamente dipinto un quadro perfettamente idilliaco del pensiero dei soldati al fronte, ma nemmeno così demenziale e stupido. D’altronde la filmografia del secondo dopoguerra, ispirata da romanzi spacciati per documenti storici, non ha aiutato.

Si pensi ad “Uomini contro” di Francesco Rosi, tratto dal celebre “Un anno sull’Altipiano” di Francesco Lussu. Romanzi storici spacciati per dati scientifici, il problema è sempre li. E i “dati” riguarderebbero anche una presunta crudeltà dei generali incompatibile sia con la presenza dei fucili a maggior disposizione dei soldati sul campo (nessun esercito si può reggere sulla coercizione, è fisiologicamente impossibile) sia con la pratica stessa. Non a caso, quel libro è pieno di melodrammi inesatti, su tutti quelli delle feritoie vulnerabili che i generali avrebbero quasi usato per “sacrificare” i tiratori con non si capisce bene quale stupido sadismo, laddove le ricerche hanno dimostrato l’ovvio, ovvero che, quando una feritoia è pericolosa, interesse primario dei quadri militari è metterla da parte, non certo perdere soldati (e quindi mezzi) tanto per il gusto di farlo

E.A. Mario e De Gasperi

La stessa canzone della leggenda del Piave, scritta da E.A. Mario, è in qualche modo il simbolo di questa spontaneità. Giovanni Ermete Gaeta (questo il vero nome del celebre autore della canzone) venne convocato da Alcide De Gasperi nel secondo dopoguerra con l’obiettivo di fargli scrivere un inno della Democrazia cristiana, richiesta alla quale Gaeta rispose negativamente, dichiarando di non sentirsela di scrivere qualcosa su commissione e ribadendo in quel modo come le parole sul Piave oltre cui “non passa lo straniero” fossero frutto del cuore e del sentimento nazionale. La vicenda di Gaeta e De Gasperi è ben tenuta ai margini dell’informazione mainstream e la “solita” wikipedia, dopo averla riportata per diversi anni, ora non la menziona più. Per fortuna ci sono autori e divulgatori come Emanuele Merlino che, negli ultimi anni, l’hanno tenuta viva.

Stelio Fergola

You may also like

1 commento

Gabriele 24 Maggio 2023 - 3:51

Emilio Lussu. Ma rileggete prima di pubblicare.

Reply

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati