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L’Onu ci sgrida: “Avete pochi immigrati, la sostituzione di popolo va a rilento”

by Adriano Scianca
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Roma, 27 giu – Stiamo importando troppo pochi immigrati, di questo passo non riusciremo a farci sostituire abbastanza alla svelta. È questo il succo del “World Population Prospects: 2017 Revision”, il rapporto Onu sulla popolazione mondiale. Il documento fa il punto sulla popolazione mondiale. Che, sorpresa, è in vertiginoso aumento, ovviamente dappertutto tranne che da noi. Attualmente siamo 7,6 miliardi di esseri umani, nel 2030 saremo 8,6 miliardi, nel 2050 toccheremo quota 9,8 miliardi e nel 2100 dovremo stringerci per far star comodi ben 11,2 miliardi di persone. Ogni anno fanno il suo ingresso in questa vita 83 milioni di persone. Ma, ovviamente, non sono tutti egualmente distribuiti sulla superficie terrestre. Oggi come oggi, la Cina e l’India restano i due Paesi più popolati della Terra, con rispettivamente 1,4 e 1,3 miliardi di abitanti, per una quota pari al 19% e al 18% del totale. Ma gli indiani hanno già messo la freccia e già nel 2024 dovrebbero superare i cinesi. In generale, tra il 2017 e il 2050, si prevede che la metà della crescita della popolazione mondiale sia dovuta all’esplosione demografica di solo nove nazioni: India, Nigeria, Congo, Pakistan, Etiopia, Tanzania, Stati Uniti, Uganda e Indonesia.

C’è in particolar modo un Paese che va tenuto d’occhio: la Nigeria. Basti solo sapere che, in un anno, lì nascono più figli che in tutta l’Unione europea. Attualmente è la settima popolazione più grande del mondo ed è in procinto di superare quella degli Stati Uniti, per diventare il terzo paese più grande al mondo poco prima del 2050. Gli effetti li vediamo anche sulla nostra pelle: secondo i dati ufficiali del Viminale, i nigeriani sono la principale etnia fra quelle che arrivano sui barconi. Nel 2017, fino al 31 maggio, ne sono arrivati 8.048, primo gruppo etnico in assoluto. In cima alla classifica anche in tutto il 2016, con ben 37.551 nigeriani arrivati da queste parti. Tra il 2017 e il 2050, saranno ben 26 i Paesi africani che arriveranno quasi a raddoppiare la loro popolazione. E stanno persino frenando, dato che la fertilità totale, che era di 5,1 nascite per donna nel periodo 2000-2005, è diventata di 4,7 negli anni fra il 2010 e il 2015. Una diminuzione che fa sorridere, o, meglio, fa piangere, se confrontata con i dati europei, che vedono un aumento di “ben” 1,6 figli per donna tra il 2010 e il 2015, a fronte di un misero 1,4 tra il 2000 e il 2005. Si deve considerare che il tasso necessario affinché la popolazioni si perpetui e non cali è di 2,1 figli per donna (cosa del resto ovvia: due esseri umani devono dare al mondo almeno altri due esseri umani per stare in pareggio). Ora, questa situazione già esplosiva di per sé, con la parte più ricca della popolazione mondiale che cresce la metà di quanto dovrebbe e quella più povera che cresce più del doppio, diventa catastrofica nel contesto delle grandi migrazioni di massa.

Ma, in tutto questo, qual è la preoccupazione delle Nazioni unite? Favorire politiche di contenimento dell’esplosione demografica in Africa? Suggerire aiuti alla demografia europea? Operare su uno sviluppo in loco in quei Paesi che si vedono dissanguare dei loro giovani? Macché, i funzionari dell’Onu si preoccupano del fatto che noi non ci facciamo sostituire abbastanza in fretta. Gli immigrati che accogliamo, infatti, secondo le Nazioni unite sono troppo pochi. Testualmente: “Anche se le migrazioni internazionali al livello attuale non saranno sufficienti a compensare pienamente la perdita prevista della popolazione legata ai livelli di fertilità, specialmente nella regione europea, il movimento delle persone tra i vari Paesi può contribuire ad attenuare alcune delle conseguenze negative dell’invecchiamento della popolazione”. Capito? Al Palazzo di vetro ritengono che gli immigrati sono troppo pochi. Praticamente abbiamo dei funzionari globali che giocano a Risiko, spostando sulle loro cartine non i classici carrarmatini colorati, bensì intere popolazioni: “Mancano un po’ di persone nei Territori del Nord Ovest, prendili dalla Kamchatka”. Solo che quelle popolazioni siamo noi. Popolazioni che, per l’Onu, non hanno radici, non hanno specificità etniche, non hanno legami, religioni, culture. Una visione quantitativa dell’uomo, che gioca sulla pelle dei popoli per compilare bizzarre tabelle e inutili grafici. E dietro quelle tabelle e quei grafici, ci sono interi continenti che muoiono e intere popolazioni che vengono sostituite, un rapporto dell’Onu alla volta.

Adriano Scianca

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nemesi 27 Giugno 2017 - 2:05

in effetti secondo la vulgata la povertà dell’Africa sarebbe colpa esclusiva dell’uomo bianco (cattivo ipso facto,in quanto bianco) delle colonizzazioni e delle multinazionali…
il fatto che appena 60 anni fa quel continente avesse UN MILIARDO di abitanti in meno,non viene mai preso in considerazione come forse CAUSA PRINCIPALE di quella “povertà”, in quanto assolutamente incompatibile con un parallelo sviluppo economico (leggi posti di lavoro) anche rimanendo in un ambito di sussistenza rurale.

la verità inconfessabile è che la qualità della vita è più elevata in quei Paesi (non solo europei) abitanti da pochi milioni di abitanti,e questo senza accennare al fatto che garantire welfare a miliardi di persone è assolutamente impossibile; ma non ditelo all’ONU.

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