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Neanche gli ebrei possono manifestare per i palestinesi: negli Usa 500 arresti

by La Redazione
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manifestazioni pro palestinesi

Roma, 19 ott – Non si può manifestare per i palestinesi, a quanto pare. Neanche da ebrei. Dopo i “virtuosi esempi” europei, anche negli Usa, davanti al Campidoglio, come riporta l’Ansa, circa 500 persone sono state arrestate, appartenenti proprio ad organizzazioni ebraiche ma a quanto pare solidali con il popolo di Gaza. Nel frattempo il presidente Jove Biden scagiona Israele dalle accuse per le bombe all’ospedale sulla Striscia. Dalle Nazioni Unite vengono pareri invece più compositi. Gli Usa, come sempre, si presentano come lo scudo ideale per Tel Aviv a prescindere da ciò che avviene sul campo.

Manifesti per i palestinesi? Sei in arresto. Cosa succede negli Usa

Manifestare per i palestinesi è vietato. Chiedere il cessate il fuoco è vietato. Perfino se a invocarlo sono organizzazioni ebraiche, come quelle che hanno promosso la protesta di fronte al Congresso americano ieri. Due le organizzazioni ebraiche coinvolte, che da anni fanno campagne per la liberazione dei palestinesi, circa 20 rabbini tra gli arrestati, su un totale di 500 persone. Uno dei gruppi è Jewish Voice for Peace (Jvp), che aveva descritto la manifestazione come “la più grande protesta ebraica in solidarietà con i palestinesi nella storia degli Stati Uniti”. Testimoni dalla stessa organizzazione hanno riferito che la polizia del Campidoglio ha strappato striscioni con la scritta ‘Cessate il fuoco ora’. Il tutto mentre i manifestanti con indosso magliette con la scritta ‘Non nel nostro nome’ suonavano gli shofar e cantavano preghiere ebraiche.

Ospedale Gaza, ora Biden dà la colpa ad Hamas

Nel frattempo Biden scioglie le riserve e sceglie – come previsto – il copione: dare la colpa ad Hamas per la questione dell’ospedale. Dopo le incertezze di ieri, oggi la bandierina piantata è quella con la stella. Anche se il sostegno rimane ambiguo nelle parole, dal momento che il leader della Casa Bianca invita il governo di Tel Aviv a “non ripetere i nostri stessi errori” dopo l’11 settembre 2001. Nella fattispecie a “non farsi prendere dalla rabbia” o dalla sete di vendetta. Parole un po’ casuali, un po’ emblematiche del fatto che a tratti perfino Washington pare rendersi conto della politica brutale dell’alleato mediorientale.

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