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“Nei centri libici gli immigrati non subiscono torture”. Intervista ad una Ong onesta

by Francesca Totolo
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Roma, 27 feb – Per approfondire la dibattuta situazione dei centri di detenzione governativi libici, gestiti dal Governo di Tripoli, e le presunte “inimmaginabili torture” subite dai migranti ivi detenuti, abbiamo intervistato Valeria Fabbroni, direttrice dei programmi di Helpcode. Helpcode è un’organizzazione italiana umanitaria, fondata nel 1988, “che lavora, in Italia e nel mondo, per garantire a ciascun bambino e bambina la protezione di una famiglia, una scuola di qualità e una comunità in cui crescere e sviluppare le proprie potenzialità”.

A differenza delle ben più note Ong, Helpcode è impegnata in Paesi quasi dimenticati dall’umanitarismo odierno, senza proclami politici e slegata completamente dalla rete di influenze che abbiamo spesso evidenziato. Completamente trasparente in merito ai dati economici, Helpcode ha beneficiato nel 2018 dei fondi dell’Unione Europea e del Governo italiano per i progetti in Libia, Tunisia e Mozambico.

In Italia, l’organizzazione è intervenuta anche “in contesti di emergenza per cercare di alleviare disagi e sofferenze ai bambini e alle famiglie colpite da disastri naturali”. In particolare, dal mese di agosto 2016 Helpcode è attiva con progetti a sostegno delle famiglie e di riattivazione economica nelle aree del centro Italia colpite da fenomeni sismici. Da segnalare l’iniziativaSapori che sanno di buono, ovvero un bando promosso dall’organizzazione nel Comune di Acquasanta Terme, che ha come obiettivo “la ripresa e il rilancio di attività produttive esistenti, partendo dalle piccole e medie imprese del settore agroalimentare e puntando sull’acquisizione di beni e servizi che possano garantire il mantenimento e l’aumento delle attività e della sostenibilità”.

Si è inoltre appena conclusa #ceraunavoltalacena, campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi promossa da Helpcode, per aiutare le famiglie in situazione di povertà in Italia: 1.300.000 bambini sono a rischio malnutrizione a causa del disagio economico delle loro famiglie.

Dottoressa Fabbroni, può descriverci l’impegno internazionale di Helpcode. Abbiamo constatato che l’organizzazione opera in Paesi spesso dimenticati sia dall’opinione pubblica mondiale sia dai mainstream media.

Helpcode opera in Tunisia, Libia, Mozambico, Iraq, Repubblica Democratica del Congo, Nepal, Cambogia, e sta iniziando le attività in Yemen. Le attività di Helpcode si snodano intorno a due cardini fondamentali: il sostegno a distanza, attività che Helpcode gestisce da oltre 30 anni, e risposte in caso di emergenza a necessità che non entrino in conflitto con la missione dell’organizzazione, quale la protezione e il sostegno dell’infanzia, nel senso più ampio del termine.

Helpcode è attiva anche nei centri di detenzione governativi libici. Quando è iniziata questa missione e in quale area l’organizzazione opera?

Dal Febbraio 2018, in risposta ad una gara per Ong chiamata dall’Agenzia Italiana per la cooperazione e lo Sviluppo (AICS). Helpcode si occupa in questo ambito di prima emergenza, intesa come distribuzione di beni di prima necessità, riabilitazione delle latrine e bagni ad uso dei detenuti. Inoltre, recentemente Helpcode ha iniziato l’attività di protezione, intesa come raccolta di informazioni per ogni detenuto, necessarie a facilitarne o il rimpatrio o il corridoio umanitario verso strutture idonee a ciascun caso.

Sempre in riferimento alla Libia, ci può spiegare qual è il vostro impegno operativo?

I progetti in Libia vengono gestiti in remoto dall’ufficio a Tunisi ed in Italia, per la limitata possibilità di avere personale Italiano sul terreno. Helpcode, che opera nel paese dal 2017, ha comunque sviluppato una rete di operatori Libici attraverso i quali gestisce attività in sostegno alla salute, uno dei principali problemi per la popolazione libica in questo momento.

Quali sono le problematiche delle operazioni umanitarie in un Paese così altamente destabilizzato, come la Libia?

La Libia è un paese dalle mille complessità, aggravate, negli ultimi anni, dal collasso del sistema bancario, che mette, de facto, in ginocchio l’economia e sta creando un’economia parallela che è quasi più dannosa dei problemi del post-Gheddafi. Non potendo effettuare prelievi bancari, e non potendo per motivi di trasparenza pagare in contanti, tutte le operazioni di pagamento avvengono nei paesi limitrofi. Questo si risolve il problema nell’immediato, ma alla lunga crea un’economia falsata che fa riferimento ai Paesi intorno”.

Lavorate in coordinamento con il Governo italiano e le agenzie delle Nazioni Unite presenti in Libia?

“Certo, il coordinamento è un punto basilare dell’attività di una Ong e Helpcode si muove in questa direzione. Helpcode partecipa alle riunioni indette dal Governo italiano sia in Tunisia sia in Italia”.

Può fare un bilancio della situazione attuale in Libia? Dagli accordi Italia-Libia, in seguito ai quali organizzazioni come Helpcode sono attive nel Paese nord africano, possiamo affermare che le condizioni dei centri di detenzione governativi libici siano migliorate?

Parzialmente sì, ma il miglioramento è proporzionale ai flussi di migranti che arrivano. L’inverno è un momento di ‘bassa stagione’ per i tentativi di traversata del Mediterraneo, ma si è consci del fatto che con il riavvicinarsi della bella stagione i tentativi di sbarco ed i successivi recuperi da parte della Guardia Costiera libica ricominceranno, ed i problemi di sovraffollamento si ripresenteranno, con tutte le problematiche a questi connesse.

Spesso la stampa italiana e quella internazionale descrivono i centri di detenzione governativi libici come luoghi nei quali i migranti vengono torturati. Può chiarire queste insinuazioni, che colpiscono anche l’impegno di organizzazioni come la vostra?

Non abbiamo mai testimoniato ne osservato, nemmeno tramite i nostri collaboratori che sono nei Centri di detenzione governativi libici ogni giorno, casi di tortura. Anzi, per me è necessario che si possa testimoniare che abbiamo trovato direttori dei centri di grande umanità e coraggio, che cercano di fare del loro meglio in una situazione di per se complessa. Certo, i centri sono luoghi duri e difficili, dove ci si rende conto che ogni migrante ha una storia, un nome, un passato ed un dramma da raccontare; ma ciò non vuol dire che siano oggetto di tortura.

Grazie alla vostra esperienza in contesti internazionali ad elevata problematicità, quali potrebbero essere le iniziative italiane ed europee che potrebbero aiutare ulteriormente Tripoli nella gestione umanitaria dei migranti?

Sicuramente rendere agili e rapidi i processi per rimpatrio dei detenuti, che per una complessa situazione di diritto internazionale, purtroppo ha tempi lunghi per la maggioranza delle nazionalità ospitate. E, inoltre, applicando il concetto della migrazione sostenibile: identificare i casi estremamente vulnerabili che possano essere accettati dagli Stati Europei, e sostenere i migranti detenuti nel difficile rientro a casa. E soprattutto, creare le condizioni, come già sta facendo l’European Trust Fund, per migliorar la vita nei paesi di origine.

Ringraziamo Valeria Fabbroni e Helpcode per la disponibilità dimostrata nel rispondere alle nostre domande. È indispensabile procedere verso una corretta informazione della situazione in Libia, che spesso viene opportunamente falsata. La disinformazione certamente non opera in favore dei migranti detenuti nei centri governativi libici.

Francesca Totolo

RETTIFICA DI HELPCODE

In merito all’articolo uscito sulla testata online “Il Primato Nazionale” a firma di Francesca Totolo, ci teniamo a precisare quanto detto dalla nostra direttrice progetti Valeria Fabbroni: le sue parole fotografano la situazione unicamente dei centri di detenzione governativi in cui la nostra organizzazione è impegnata, non di tutti i centri di detenzione libici in generale, come quelli gestiti dalle milizie.

La lente con cui Helpcode osserva la situazione dei centri di detenzione libici è solo quella dei progetti che gestisce, che si svolgono esclusivamente in alcuni centri governativi gestiti dal Ministero per il contrasto all’immigrazione clandestina (Dcim) del governo di Concordia Nazionale della Tripolitania. I principali centri dove Helpcode interviene sono a Trik al-Sikka, Trik al-Matar, Tajoura, dove si occupa di: ripristino dei servizi igienici; distribuzione di beni di prima necessità (materassi, cuscini e coperte), abbigliamento per affrontare l’inverno e kit igienici. 

Altre ONG e Agenzie delle Nazioni Unite impegnate in Libia hanno fotografato situazioni complesse e drammatiche evidenziando anche casi di gravissime violazioni dei diritti umani. Noi non abbiamo motivo per mettere in dubbio quanto denunciato e non vogliamo che la nostra testimonianza, limitata ai contesti dei progetti in alcuni centri governativi in Libia in cui siamo presenti da 1 anno, sia strumentalizzata per delegittimare il loro operato e raccontare un fenomeno, che invece, è estremamente più complesso.

Collaboriamo attivamente con molte ONG e rispettiamo l’operato di tutte le organizzazioni non profit e non governative, che lavorano in aree difficili e in contesti di crisi come oggi quello libico, con grande professionalità, trasparenza e impegno. Helpcode non concorda sull’attribuzione del concetto di onestà riferito esclusivamente alla nostra ONG per sottintendere una contrapposizione tra Helpcode e altri attori del mondo della cooperazione e dell’aiuto umanitario. Tutti operiamo mettendo sempre al centro i principi stabiliti dal Consensus on Humanitarian Aid: umanità, neutralità, imparzialità, indipendenza.

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16 comments

Helpcode, l'Ong onesta che sbugiarda i buonisti: "I migranti nei campi libici non sono oggetto di tortura" - Rassegne Italia 27 Febbraio 2019 - 2:29

[…] Leggi l’intera intervista su Il Primato Nazionale Segui le nostre rassegne su Facebook e su Twitter- ©RASSEGNEITALIA Precedente […]

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Helpcode, l’Ong onesta che sbugiarda i buonisti: “I migranti nei campi libici non sono oggetto di tortura” – News24H 27 Febbraio 2019 - 3:58

[…] Leggi l’intera intervista su Il Primato Nazionale […]

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Giacomo 27 Febbraio 2019 - 4:19

Il mondo intero dice che ci sono campi di concentramento in Libia. Poi viene un giornale pseudofascista e nega ciò che giornali di alto livello come il guardian, le monde, la bbc… danno per certo e ne forniscono le prove. Siete i terrapiattisti dei giornali (se cosi vi si può chiamare)

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Giovanni bruschieri 27 Febbraio 2019 - 4:37

Bello aiutare online… Che testimonianza può essere se non sono sul posto?
Chiedete a chi c’è stato in Libia, a chi è stato torturato e violentato.
Questa sarebbe informazione vera e corretta.
Le ONG sono le uniche testimonianze occidentali attendibili di quanto succede nel Mediterraneo.
Senza di loro perdiamo il senso della realtà è voi diventare più razzisti e più fascisti

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Giovanni bruschieri 27 Febbraio 2019 - 4:53

Che giornale di mmerda
Le ONG oltre a essere oneste salvano le vite in mare. Non online da Tunisi o italia

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Giovanni bruschieri 27 Febbraio 2019 - 5:07

3 commenti. Nessuno pubblicato.

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Daniela 27 Febbraio 2019 - 5:25

E’ necessario arrivare fino a questa frase “I progetti in Libia vengono gestiti in remoto dall’ufficio a Tunisi ed in Italia, per la limitata possibilità di avere personale Italiano sul terreno. Helpcode, che opera nel paese dal 2017, ha comunque sviluppato una rete di operatori Libici attraverso i quali gestisce attività in sostegno alla salute”, per avere ben chiara la non idoneità dell’articolo e del suo contenuto. Come può una organizzazione che opera in remoto e che l’unico personale che ha sul campo e’ quello libico, ossia facilmente ricattabile e potenzialmente soggetto a intimidazioni, affermare con tale sicurezza che le torture nei centri di detenzione Libici non esistono? Basta aver partecipato a un bando, estremamente discutibile tralaltro, per essere considerati attendibili? E’ sufficiente leggere qualche rivista di geopolitica per sapere che già la parola ‘governo’ nel contesto libico e’piuttosto discutibile

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Maria 27 Febbraio 2019 - 7:24

Questa ong ha propri referenti libici nei campi. Non ha propri rappresentanti extra in Libia ma a Tunisi ed in Italia.
Deve spiegarci tutti i segni di tortura sui corpi di chi arriva dai centri libici, le immagini rubate con il cellulare . Ma per il Primato Nazionale tutto è regolare, tutta la polvere è sotto il tappeto.

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Frasab 27 Febbraio 2019 - 8:45

E’ necessario arrivare fino a questa frase “I progetti in Libia vengono gestiti in remoto dall’ufficio a Tunisi ed in Italia, per la limitata possibilità di avere personale Italiano sul terreno. Helpcode, che opera nel paese dal 2017, ha comunque sviluppato una rete di operatori Libici attraverso i quali gestisce attività in sostegno alla salute”, per avere ben chiara la non idoneità dell’articolo e del suo contenuto. Come può una organizzazione che opera in remoto e che l’unico personale che ha sul campo e’ quello libico, ossia facilmente ricattabile e potenzialmente soggetto a intimidazioni, affermare con tale sicurezza che le torture nei centri di detenzione Libici non esistano? Basta aver partecipato a un bando, estremamente discutibile tralaltro, per essere considerati attendibili? E’ sufficiente leggere qualche rivista di geopolitica per sapere che già la parola ‘governo’ nel contesto libico e’piuttosto discutibile

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Lucia 27 Febbraio 2019 - 9:33

Volete davvero farmi credere che quando arrivano in questi “centri” le donne non vengono stuprate? Ma sul serio? Mah.. Chissà quali bei e pasciuti interessi girano. Alla fine, come semre, si dice tutto e il contrario di tutto.

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Jacqueline Dupont 28 Febbraio 2019 - 12:26

Ma non vi vergognate di scrivere questo?

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Luco 28 Febbraio 2019 - 7:34

Be dovete essere voi a dimostrare il contrario…come quando dicono che i migranti ci pagheranno le pensioni (forse con quello che ci costano i migranti saremmo fortunati se arriveremmo a pari)
O quando dicono che scappano dalle guerre faccendo le proporzioni in africa su 1 miliardo di persone ci sono 800 milioni di maschi tra 18 e 45 anni…

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Maria 28 Febbraio 2019 - 8:42

Ho conosciuto personalmente, per lavoro, non “in remoto” , un buon numero di “migranti” provenienti da diverse nazioni Gambia Senegal Burkina Faso Costa d’Avorio Mali Bangladesh e tutti nonostante non si conoscessero hanno descritto la stessa situazione in Libia, dove hanno vissuto terribili esperienze di sequestro e prigionia, di violenza, tortura, di schiavitù in campi di lavoro, e richieste di riscatto per essere liberati…

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Alessandro Casartelli 28 Febbraio 2019 - 1:49

Poveracci sinistri, buonisti col culo degli altri.
Se venissero veramente torturati mi spiegate perché “si dimenticano di sottrarre” cellulari ULTIMA GENERAZIONE…..

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