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Prof disse “Marocchino di m…” a un alunno, ma i giudici lo assolvono: “Non è razzismo”

by Cristina Gauri
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Torino, 30 gen – Era finito davanti ai giudici per avere detto “marocchino di merda” e “cinese di merda” a due suoi alunni, ma il professore, insegnante di scuola media a Torino, è stato prosciolto dall’accusa. Per i giudici, infatti, non c’è stato razzismo (questa aggravante è stata depenalizzata): le frasi pronunciate erano soltanto ingiuriose. Inoltre, si è trattato di un’offesa «isolata» e il docente «si è scusato». Il docente, sospeso dalla scuola, si è sempre difeso sostenendo che non volesse assolutamente offendere. «Ma quale razzismo? Mi è scappato…». Il giudice per l’udienza preliminare di Torino, Luca Fidelio, ha stabilito che mancano i presupposti per sostenere la tesi del «pericolo di danno al corpo o alla mente» dei bambini. E l’aggravante dell’odio razziale è stato depenalizzato tre anni fa.

“Sorpresi dalla sentenza”

Il legale di uno dei due alunni, il cui padre si è costituito parte civile, si è detto «sorpreso dalla sentenza, spero che non crei un precedente e che qualcuno non si senta legittimato a tenere questi comportamenti, fraintendendo il tenore della sentenza». Il prof ammette di avere lanciato improperi al ragazzino di origine cinese (la cui famiglia non si è costituita parte civile), specificando di averlo fatto «per fermarlo. Stava tirando la corda di un avvolgibile, rischiava che gli cadesse tutto addosso. In quel momento, mi è sfuggito il nome, ero preoccupato, gli ho urlato quella frase, ma solo per fermarlo». Nega però categoricamente di avere insultato il ragazzino marocchino. E prosegue: «Guardi che non sono mica razzista, ho amici di colore, non ho frequentazioni di estrema destra. Sono stato anche consigliere comunale per cinque anni per il Partito popolare, nella mia zona di origine, l’Agrigentino».

Danni morali e materiali

L’episodio è avvenuto a febbraio dell’anno scorso, ma la sospensione è arrivata a giugno, «quindici giorni prima che scadesse il contratto». Il prof è convinto di essere la vera vittima di tutta la vicenda, e promette battaglia: «Mi rivarrò civilmente contro il Provveditorato e il ministero dell’Istruzione. Questa vicenda mi ha causato danni morali e materiali, comprese le spese per l’avvocato». Senza voler condonare il gesto, per questa volta la legge è stata clemente con quello che parrebbe un semplice accesso d’ira ascrivibile a un momento di esasperazione; non di certo una “pericolosa deriva razzista” come qualcuno vorrebbe darne lettura.

Cristina Gauri

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