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Nuove restrizioni in arrivo, sei regioni rischiano l’arancione. In Lombardia da oggi 4 comuni in zona rossa

by Adolfo Spezzaferro
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zona rossa lombardia

Roma, 17 feb – Sul fronte della pandemia l’Italia sta per cambiare nuovamente colore, intanto in Lombardia sono state istituite quattro nuove zone rosse con conseguente lockdown locale. Il governo sta studiando una possibile nuova stretta per contenere i contagi, a partire da quelli delle varianti del coronavirus in circolazione nel Paese. Obiettivo: chiusure mirate nelle aree maggiormente colpite in modo da scongiurare un nuovo devastante confinamento a livello nazionale. La brutta notizia è che spunta l’ipotesi di imporre il lockdown nei fine settimana, quando gli italiani potrebbero finalmente uscire a fare una passeggiata o permettersi una gita fuori porta.

In Lombardia quattro comuni in zona rossa

In Lombardia, oltre a Castrezzato, anche Viggiù (in provincia di Varese) Mede (Pavia) e Bollate, alle porte di Milano, dalle 18 di oggi saranno in zona rossa. Lo ha stabilito con un’ordinanza il governatore Attilio Fontana. La decisione – viene spiegato – è dovuta all’insorgere di cluster di contagio legati alla diffusione di varianti del virus. Il presidente della Regione – sentito il ministro della Salute – ha stabilito con un’ordinanza che nei quattro comuni verranno applicate le restrizioni previste per la fascia di rischio più alta. Pertanto “si dispone che le attività scolastiche e didattiche di tutte le classi delle scuole primarie e secondarie in questi comuni si svolgano esclusivamente con modalità a distanza. Tale sospensione – chiarisce l’ordinanza, in vigore fino a mercoledì 24 – riguarda anche asili nidi e scuole materne”. Dovranno chiudere i battenti anche i negozi non essenziali e i locali pubblici.

Aumentano le chiusure a livello locale

Mentre già da venerdì sei regioni potrebbero avere un Rt superiore all’1, finendo così in fascia arancione. Ma non è escluso che altre regioni possano finire in zona rossa. Ieri il tasso di positività era al 3,8 con 10.386 nuovi casi e 336 vittime. Con questi numeri, avvertono gli esperti e i consulenti del governo (mai ottimisti e sempre allarmisti), non è pensabile procedere con allentamenti. Ma semmai con nuove chiusure. A livello locale, si moltiplicano le ordinanze di chiusura di città e piccoli centri. Sotto osservazione ci sono intere province e nuove restrizioni potrebbero scattare nelle prossime ore.

Il caso Umbria: un modello da seguire

Chi sta peggio di tutti allo stato attuale è l’Umbria. Ieri il ministro della Salute Roberto Speranza ha incontrato a Perugia la governatrice Donatella Tesei. La regione è in una situazione drammatica, tuttavia ha saputo fronteggiare la nuova ondata. Non a caso infatti si parla di applicare il “modello Umbria” anche nel resto del Paese, con veri e propri lockdown locali. Nelle zone rosse, pertanto, dovranno chiudere ancora una volta le scuole e gli studenti dovranno passare alla didattica a distanza. Gli spostamenti saranno vietati, salvo comprovate esigenze di lavoro, salute e necessità, da indicare nell’autodichiarazione obbligatoria.

Ecco le regioni che rischiano di passare in zona arancione

Con i risultati del monitoraggio dell’Istituto superiore di sanità di venerdì (qui l’attuale suddivisione in fasce di rischio) sapremo poi quali regioni cambieranno colore. Rischiano di passare in fascia arancione – con la chiusura di bar e ristoranti – ben sei regioni che la scorsa settimana avevano un Rt prossimo all’1. Oltre alla Lombardia e al Lazio ci sono l’Emilia-Romagna, il Friuli Venezia Giulia, le Marche e il Piemonte. Si aggiungerebbero inoltre all’Abruzzo, la Basilicata, la Liguria, il Molise, l’Umbria e la provincia di Trento, già in arancione.

Il 5 marzo scade l’ultimo Dpcm di Conte, che farà Draghi?

Infine, il passaggio del testimone tra il governo Conte bis e l’esecutivo Draghi: il 5 marzo scade il Dpcm in vigore, la prima decisione da prendere riguarderà pertanto lo strumento legislativo da utilizzare. Spetterà al premier Draghi dunque scegliere se firmare un Dpcm o invece optare per un decreto legge, lasciando ai ministri e alla Protezione civile il potere d’ordinanza, sia pur condivisa con Palazzo Chigi. La brutta notizia comunque è che allo stato attuale appare difficile che dal 6 marzo possano scattare le riaperture di palestre e piscine, cinema e teatri o che si possa andare al ristorante anche di sera.

Adolfo Spezzaferro

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1 commento

Guillermohh 17 Febbraio 2021 - 9:34

Va beh Fontana è la “sindaca” di viggiù sono due personcina ridicole… Devono dare l’impressione di difenderci da qualcosa usando L’ignoranza e la paura, povero chi ci crede…

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