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“Ecco la prova video che inchioda Conte”. Salvini a Catania per il processo Gregoretti

by Adolfo Spezzaferro
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Catania, 12 dic – Un video, in cui Giuseppe Conte afferma: “Prima i ricollocamenti, poi lo sbarco“, è la prova nelle mani della difesa di Matteo Salvini che incastra l’allora premier del governo Lega-M5S sul caso Gregoretti. A riportarlo è Repubblica, secondo cui è questa la prova con cui Giulia Bongiorno, avvocato difensore del leader della Lega, intende dimostrare come il primo governo Conte abbia condiviso con l’allora ministro dell’Interno Salvini la decisione di tenere bloccati a bordo della nave Gregoretti i 131 clandestini raccolti in mare una settimana prima. Almeno fino a quando dalla Commissione Ue non fosse arrivato l’impegno sui ricollocamenti nei vari Stati membri.

Il video che inchioda Conte

Nel video in questione, della durata di due minuti scarsi, Conte, alla conferenza stampa di fine 2019 a Palazzo Chigi (era il 28 dicembre), afferma di non ricordare di un suo coinvolgimento diretto nella decisione riguardante lo sbarco dalla Gregoretti ma ammette che anche in quel caso sarebbe stata applicata la linea dura: prima i ricollocamenti, poi lo sbarco. Era questa la politica sugli sbarchi del governo gialloverde.

Salvini oggi in tribunale per il caso Gregoretti. Conte invece non ci sarà

Sono tranquillo, sereno e orgoglioso. Oggi interverrò in aula”. Così Salvini, oggi a Catania, nell’aula bunker di Bicocca, per l’udienza preliminare del processo per sequestro di persona. Non sarà presente invece Conte. All’ultimo momento il premier ha scritto al giudice Nunzio Sarpietro chiedendo di essere sentito a Palazzo Chigi. La data verrà concordata nei prossimi giorni. Oggi saranno ascoltati dal Gup Sarpietro gli ex ministri della Difesa Elisabetta Trenta e di Trasporti e infrastrutture Danilo Toninelli. Nelle prossime settimane saranno sentiti anche gli attuali ministri degli Esteri Luigi Di Maio e dell’Interno Luciana Lamorgese.

Le carte in mano al Gup Sarpietro sulle navi Ong bloccate a largo

Nelle mani del giudice Sarpietro c’è una ricchissima documentazione in merito a circa 140 sbarchi di immigrati con navi Ong o militari durante la guida di Salvini al Viminale. Ma anche successivi, con ministro la Lamorgese. Tra questi in particolare sono sei gli sbarchi che più interessano il giudice. Riguardano navi Ong bloccate al largo per diversi giorni prima di ottenere il porto di sbarco dal Viminale. Uno su tutti, il caso della Open Arms, per il quale Salvini è imputato in un secondo processo che avrebbe dovuto aprirsi oggi davanti al gup di Palermo ma che verrà rinviato per la coincidenza delle date. Poi, due sbarchi della Sea Watch 3, uno della Alan Kurdi, ma anche due della Ocean Viking, avvenuti a settembre e novembre 2019, già con la Lamorgese ministro.

La prova che la linea dura sugli sbarchi fosse condivisa anche dal Conte bis

Quello che emerge dalla carte del giudice quindi non fa che conclamare il fatto che linea dura sugli sbarchi fosse condivisa e adottata anche dal secondo governo Conte. “Prima i ricollocamenti poi lo sbarco”, dunque. E’ su questa evidenza che si basa la difesa di Salvini. La Bongiorno è convinta che tale linea sarà confermata anche dalle parole dell’ex ministro Toninelli. A luglio 2019, infatti, con la Gregoretti ormeggiata al porto di Augusta con i clandestini a bordo, Toninelli dichiarava: “Ora la Ue risponda perché la questione migratoria riguarda tutto il continente“. Al contempo fonti del suo ministero sottolineavano che ” si sta lavorando in perfetto coordinamento con il ministero dell’Interno nell’auspicio che si arrivi ad una rapida soluzione grazie alla pronta risposta in termini di ricollocamento”. Appare più che complicato quindi per il 5 Stelle allora ministro negare di aver agito di concerto con il Viminale.

Per quanto riguarda l’ex ministro Trenta, che all’epoca dei fatti non ha mai fatto dichiarazioni pubbliche sul caso Gregoretti, nonostante si trattasse di una nave militare italiana, sarà interessante capire come si esprimerà davanti al giudice, ora che deve per forza.

Adolfo Spezzaferro

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