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Siria, Turismo Solidale riporta i primi italiani a Bosra dall’inizio della guerra

by Andrea Bonazza
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Bosra, teatro romano

Bosra, 6 gen – La comitiva del progetto Turismo Solidale, messo in campo da Solid onlus per aiutare la rinascita della Siria, è scesa 140km a sud di Damasco, al confine con la Giordania. Dopo 9 anni dall’inizio del conflitto bellico, un gruppo di italiani torna a Bosra, in aramaico Cittadella, antica città all’estremo sud della Siria che vanta uno tra i siti archeologici meglio conservati del Vicino Oriente. O almeno così era fino all’inizio della guerra e all’occupazione della zona da parte dei terroristi di Jabat Al-Nusra.
Tra rovine romane e macerie moderne di una città che presenta ancora i volti cupi di una barricata jihadista appena liberata dall’esercito siriano, si nota subito la differenza con le altre città che ci hanno accolto nei giorni scorsi.

Sui muri trivellati dai Kalashnikov sono ancora molte le bandiere nerobiancoverdi del fronte ribelle e, negli sguardi di diversi abitanti, si percepisce una certa diffidenza nei confronti di viene da fuori. Questa è una delle zone in cui il governo di Damasco ha attivato il programma di riconciliazione, volto a ricongiungere alla madre Patria coloro che erano caduti nella trappola della propaganda occidentale. Senza questa iniziativa del Governo siriano, che ci auguriamo possa mettere fine definitivamente alle tensioni, non avremmo potuto passeggiare in tranquillità per le antiche strade romane che lastricano l’abitato.

Sublime fusione di stili

La storia di questo luogo affonda le sue radici nella storia della civiltà, i primi insediamenti risalgono all’Era del Bronzo, Busrana figura negli archivi reali di Tell-al Amarna nell’elenco delle città del faraoneThutmosi III (XIV secolo a.C.). Dopo che l’intera regione fu conquistata dal condottiero macedone Alessandro Magno, Bosra venne assorbita al regno della Dinastia Seleucide e, nel 163 a.C., venne nuovamente conquistata da Giuda Maccabeo, capo militare degli ebrei Asmonei. Sotto la pioggia e una nebbiolina che rende il panorama abbastanza spettrale, ciò che da subito si percepisce dalle antiche costruzioni, mischiate ad abitazioni ancora in uso, è invece la fusione tra lo stile del regno dei Nabatei, tra il 70 e il 106 d.C, periodo in cui Bosra ne divenne capitale sotto Rabbel II, e quello romano, nel cui periodo Bosra assunse lo stesso ruolo per la provincia Arabia Petraea, fondata dall’imperatore Traiano che questa città rinominò Nova Traiana Bostra, dopo che il suo generale Cornelio Palma sconfisse i Nabatei.
Questa sintonia architettonica tra i due popoli la si trova anche nelle terme romane del II secolo ed edificate accanto alle più antiche nabatee, risalenti a I secolo prima. Nel V secolo le terme centrali ottennero uno strano primato diventando le latrine più grandi dell’intero Vicino Oriente, in grado di accogliere fino a 130 “bisognosi” alla volta.

Passando sotto il monumentale arco alto 13m ed eretto nel 130 d.C. in onore della Legio III Cyrenaica, il nostro Dna riemerge fiero per la romanità che trasudano le rovine dell’antico abitato che si apre lungo il decumano massimo. Ci immergiamo incantati in tempi lontanissimi che ci ricordano il nostro passato, oggi imbrattato dalle scritte arabe degli islamisti che fino a poco tempo fa qui erano trincerati. Giungiamo al punto di incrocio col cardo massimo in cui ancora sono visibili i basamenti di ciò che fu un un’imponente tetrapylon e riflettiamo sull’abilità di costruire opere architettoniche giunte fino a noi attraverso i millenni. Attraverso quell’antica fusione imperiale, tipicamente mediterranea, che unì il genio occidentale a quello orientale. Completandosi come mai avvenne in nessun altro luogo e come ben dimostra l’arco nabateo che, dopo 900m da est ad ovest, chiude il Decumano.

Un magnifico teatro romano

Attraversando la storia di Bosra, immersi nelle caratteristiche pietre di basalto nero, scopriamo un’altra piccola Palmira che rubò lo scettro alla leggendaria Petra. Qui si ospitavano le carovane che attraversavano il deserto per commerciare tra la via della seta e dell’incenso, ospitate a Bosra dopo interminabili viaggi in nave, cavalli o cammelli, tra il Mar Mediterraneo e il Golfo Persico e tra l’Anatolia e il Mar Rosso. La vera attrazione di Bosra però, è il suo magnifico teatro romano del II secolo, costruito anch’esso in pietre levigate di basalto nero che dall’esterno lo fanno sembrare una fortezza, ruolo che di fatto ha assunto durante l’occupazione araba. Una volta entrati invece, anche senza gladiatori e spettacoli, è impossibile non rimanere sbalorditi dallo spettacolo di pietra che, sulle sue 37 file di gradoni, riusciva ad accogliere fino a 6mila spettatori seduti e altri 3mila circa in piedi. A differenza di Palmyra, il cui bellissimo teatro è stato parzialmente distrutto dalla furia iconoclasta dell’ISIS, la scena e il frontescena del teatro di Bosra sono ben conservati, salvati dall’odio di terroristi spesso arrivati qui dalla vicinissima Giordania. Per tutta la sua altezza e incredibile stato di conservazione, il frontescena ci lascia a bocca aperta anche se i secoli lo hanno privato di preziosi marmi policromi e di molte colonne corinzie che lo decoravano, rimaste intatte solo nel primo ordine.

Bosra, in Siria

Zigzagando per evitare alcuni individui che tentano di venderci abusivamente reperti archeologici, probabilmente dissotterrati dalle tante buche scavate nell’acropoli, prima di ripartire troviamo l’inconfondibile ospitalità di un siriano che insiste nell’offrirci una tazza di caffè arabo e raccontarci di quanto sia dura vivere nella zona. Un uomo semplice e fiero che ha voluto spiegarci, in un italiano stentato, che spera con tutto il cuore che questa guerra possa finire al più presto e che la sua città possa tornare a vivere serenamente accogliendo, come un tempo, i tanti turisti italiani che qui portavano vitalità e crescita all’economia della zona. Non possiamo fare altro che ringraziarlo unendoci a questa speranza, impegnandoci affinché possa essere realizzata.

Andrea Bonazza

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1 commento

Sergio Pacillo 7 Gennaio 2020 - 8:11

Dalle immagini, mi sembra di stare a casa mia.

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