Lo stesso “Andiamo a comandare” ne è un esempio: nato in una di queste pagine Facebook come “tormentone” allegato a qualche immagine è arrivato al successo nazionale solo tramite una canzone prodotta da Fedez, cantante “nazionalpopolare” e giudice di X Factor. Non propriamente un fenomeno underground. La stessa cosa per il video di Tiziana Cantone. La sua viralità è cominciata con l’arrivo del video in una di queste pagine stile Mad Magazine (o come direbbe qualcuno meno attempato: 4Chan)? Sì, probabile. Ma la sua esplosione non è stata causata dal “popolo del web” ma dai media ufficiali. Quelli bravi e responsabili.
Elisa D’Ospina, giornalista de Il Fatto Quotidiano, aveva scritto un articolo dove il video veniva indicato come possibile azione di “marketing di una futura pornostar”. Ora la stessa twitta addolorata “La storia di #TizianaCantone è l’esempio di quanto in fondo siamo schiavi del giudizio altrui e mai realmente liberi”.
Radio Deejay, terza radio più ascoltata a livello nazionale, aveva fatto diventare parte del video un jingle per “Deejay Chiama Italia”. E se la cava con un post di scuse talmente generiche da non dire assolutamente niente.
FanPage, il cui direttore da 24 ore non riesce a twittare altro che accuse verso la metà del genere umano di cui fa parte, aveva dedicato più articoli al fenomeno con descrizioni morbose del video, video pixellati e titoli inquietanti come “Napoli, dopo il video hard su Whatsapp è “caccia” ai due amanti focosi”
In un momento dove l’informazione “tradizionale” rincorre i fenomeni web e concede loro una vetrina nazionale per non bucare nessuna news e recuperare ogni singolo click dove inizia la colpa del “popolo del web” e dove quella dei media ufficiali?
Stefano Casagrande