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Voti ai giudici? I magistrati non ci stanno: “Non siamo scolari”

by Alberto Celletti
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Roma, 29 nov – Che strano, i magistrati non vogliono farsi giudicare in nessun modo. Almeno, questo si evince dalle dichiarazioni ben poco equivocabili del presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, come riportato sul Giornale.

“Non siamo scolari”: il rifiuto dei magistrati alle valutazioni

Ci gira intorno, Santalucia. Puntanto sulla “espressione infelice” delle “pagelle”. Perché, per carità, loro mica rifiutano di essere giudicati: “Noi non ci scontriamo con nessuno” ma la pagella è “come se noi fossimo scolari di una scuola. È un sistema macchinoso che depotenzierà la capacità delle valutazioni periodiche di intercettare le vere cadute di professionalità dei magistrati, tutto il resto sono notizie false e infondate”. Così Santalucia a SkyTg24, dove aggiunge anche che “i magistrati non sono eversori né fanno complotti contro il governo”. Insomma è tutto falso per dire che è tutto vero: ai magistrati di essere giudicati nell’operato proprio non va giù. Ma ovviamente la dichiarazione ufficiale smentisce la condotta de facto.

Ovviamente, c’è il soccorso del Pd

Pim pum pam, il soccorso del Partito democratico ai magistrati non poteva mancare. Con la solita Elly Schlein che ripete a macchinetta la solita tiritera: “Mi pare il governo dei complotti immaginari, dei nemici a tutti i costi, perché deve sempre essere colpa di qualcun altro”. Frasi fatte e senza argomentazioni. Dall’altro lato trent’anni di persecuzioni giudiziarie a senso unico, oppure ben indirizzate a qualcuno che a sinistra non faceva comodo. Per non parlare delle decine di inchieste finite nel nulla, ma intanto utili a raggiungere il risultato: fare fuori il bersaglio di turno. Oppure ciò che è avvenuto con lo scandalo di Luca Palamara e le stesse testimonianze nero su bianco dell’ex presidente Anm. Tutti dati di fatto, tutti in fila, per decenni, dal 1992 in poi. Dall’altro lato una sola argomentazione: “Sono complotti inventati”. E vabbè, cari sinistri, ce ne faremo una ragione.

Alberto Celletti

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