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Ecco cosa sappiamo del Lyssavirus che ha ucciso un gatto in Italia

by La Redazione
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Lyssavirus, gatto

Roma, 2 lug – Pochi giorni fa, un gatto che viveva in provincia di Arezzo ha manifestato segni di aggressività improvvisi, culminati con un morso volontario ai danni della proprietaria, la quale ha deciso di portarlo in una clinica in provincia di Pistoia per accertamenti. Qui l’animale è morto, mostrando chiari segni neurologici. Data la sintomatologia e la storia, è stato disposto un esame sul tessuto nervoso del gatto deceduto presso l’istituto zooprofilattico di Lazio e Toscana e presso il centro di referenza nazionale per la rabbia (IZS delle Venezie).

Il risultato è stato allarmante: è stata accertata la morte per encefalite a seguito di un’infezione da virus del genere Lyssavirus, lo stesso a cui appartiene la rabbia classica. Si tratta quindi di un virus rabbia correlato, potenzialmente zoonotico (ossia in grado di trasmettersi anche all’uomo). Fortunatamente, il gatto in questione non ha viaggiato di recente e non si ha notizia di morsicature precedenti, ergo il rischio che questo lo abbia diffuso è nullo. La proprietaria e gli operatori venuti a contatto con l’animale sono stati sottoposti al trattamento di profilassi antirabica.

La rabbia in Italia

La rabbia ha origini antichissime ed è stata individuata come la prima malattia ad essere trasmissibile all’uomo (in Mesopotamia furono promulgate le leggi di Eshunna, ormai 4000 anni fa, che imponevano al proprietario di cani con sintomi di prevenire il contatto tra questi ed altri uomini). Sebbene negli anni scorsi ci sia stato qualche raro focolaio (perlopiù originato da cani che erano stati all’estero per battute di caccia senza vaccinazione, che è obbligatoria per uscire dai confini nazionali), l’Italia è indenne dalla rabbia da molti anni, grazie ad una imponente opera di vaccinazione delle volpi rosse (specie serbatoio del virus in Europa) effettuata rilasciando esche contenenti il vaccino.

Come si è ammalato il gatto?

Il Ministero della Salute ha costituito un gruppo di lavoro per questo caso, che rappresenta il primo riscontro in Italia, e darà le opportune direttive. Ma come si è ammalato il gatto in questione? Secondo il professor Decaro, Ordinario di malattie infettive presso l’università di Bari, “il gatto ha predato un pipistrello migratore ancora vivo, infettato da West Caucasian Bat Lyssavirus e probabilmente già ammalato al suo arrivo dal Caucaso o da zone limitrofe, una terra ricca di specie migratorie di chirotteri”. Pertanto, è opportuno non toccare assolutamente pipistrelli in difficoltà (o altri selvatici) rinvenuti a terra, ma contattare le associazioni competenti o le autorità locali. Secondo il professore, si è comunque di fronte ad un caso raro. Intanto, è iniziata la sorveglianza sanitaria sulle colonie di pipistrelli.

Vaccini

La vaccinazione per la rabbia è efficace, sia per gli animali che per l’uomo, al 100%. Tutti gli animali che viaggiano all’estero hanno l’obbligo di essere vaccinati, per non rischiare di riportare l’infezione in Italia al rientro. Purtroppo, a causa dell’esigua presenza in letteratura di dati riguardanti il virus European bat lyssaviruses (EBLVs) rinvenuto nel gatto in questione, non è ancora chiaro se una vaccinazione per la rabbia classica possa cross reagire, cioè immunizzare per entrambi i virus.

Bibliografia
E.P.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/14959767/
https://www.anmvioggi.it/rubriche/attualita/69793-il-vero-ruolo-sanitario-ed-ecologico-dei-pipistrelli.html
https://www.anmvioggi.it/rubriche/attualita/69787-lyssavirus-prof-decaro-e-stato-la-somma-di-coincidenze-rare.html

Francesco Roggiolani – Medico Veterinario

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2 comments

MASS 2 Luglio 2020 - 6:47

Questa storia di un virus che sarebbe stato diffuso da un PIPISTRELLO l’ho già sentita… Non è più probabile che il gatto l’abbia preso da un topo, oppure che sia stato morso da un cane? Non lo sapremo mai, e non ha importanza…
Se dovesse succedere di nuovo, Conte dovrà varare l’ennesimo DPCM per ordinare il lockdown di tutti i gatti esistenti in Italia (e quarantena per quelli provenienti dall’estero). Essendo costretti a stare in casa, si prevede un aumento dell’inquinamento acustico per miagolii, ed è facile attendersi il boom di vendite di cibo in scatola per gatti e croccantini…

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Sergio Pacillo 2 Luglio 2020 - 8:14

Il gatto stava arrabbiato per la notizia del suo simile cucinato dall’africano a Livorno.

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