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“Corpo dei giorni”, il documentario con Tuti è il migliore del Torino Film Festival

by Eugenio Palazzini
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Roma, 5 dic – Alla presentazione del lungometraggio Corpo dei giorni, selezionato per la categoria “Miglior Documentario” al Torino Film Festival, il protagonista non c’era. Mario Tuti non ha ottenuto il permesso dal carcere per recarsi nel capoluogo piemontese. Ma a 75 anni, il fondatore del Fronte Nazionale Rivoluzionario, condannato a due ergastoli, e oggi in regime di semilibertà, non si lamenta: “Non amo vittimismo e piagnistei”, dice al Primato. E cita Ezra Pound: “Uno schianto, non una lagna, con uno schianto, non con una lagna”.

Sta di fatto che la sua partecipazione al documentario, fa notare Tuti, “è come una pietra, lanciata per provare a smuovere qualcosa sulla realtà carceraria. Per provarci almeno”. Difficile dire quanto davvero questa pietra lanciata smuoverà, di sicuro però qualcosa si è mosso adesso e l’attenzione sulla realtà carceraria inizia a esserci davvero anche a livello cinematografico. Sì perché il Corpo dei giorni, documentario realizzato dal collettivo Santabelva, alla fine ha vinto il premio come miglior documentario italiano al festival di Torino.

Corpo dei giorni vince il Torino Film Festival

Corpo dei giorni, “bello il titolo, come vi è venuto in mente?”, aveva chiesto Tuti agli autori. “E’ tratto dai tuoi versi”, gli avevano risposto gli autori. Tuti neppure se li ricordava quei versi, che oggi sono alla base di un documentario che ha strappato il prestigioso premio di Torino. Corpo dei giorni, come un vento che accarezza l’erba. Ogni nostro riferimento all’opera di Ken Loach è puramente volontario. Ma non siamo nella guerra d’indipendenza irlandese, siamo nei meandri di una memoria rimossa: quella degli anni Settanta italiani. Feroci, perché con noi “il sistema era feroce, dunque siamo diventati feroci”, ricorda Tutti. Ma oggi non c’è nulla di feroce negli occhi di chi ha vissuto un’epoca di scontro, anche brutale. C’è semmai un’intesa con quei cavalli che accarezzano l’erba nella campagna laziale, armonia ritrovata in tarda età che chiede solo forza tranquilla.

Palingenesi a cui forse può condurti soltanto il sentiero selvaggio. Impervio, duro, eppure soffice come un manto d’erba. A cullare quei giorni che oggi sono un meraviglioso film, frutto di un lavoro finalmente originale, coraggioso, dunque degno di essere apprezzato. Senza retorica e piagnistei, senza indugiare nelle lezioni di vita. Soltanto con la forza di versi tratteggiati per smuovere qualcosa, fosse anche soltanto le foglie autunnali, della stagione che passa e non torna. Versi che Tuti oggi è tornato a ricordare:

Allora il tempo era divenire
corpo vivo dei giorni
adesso è lo stagnare del presente
un sempre adesso sempre ineludibile
ed io sto al centro
del cieco laccio di aneliti
dove il vivere insensato
si condensa in pietra
e io stesso non sono
se non questa pietra
scagliata contro!

Eugenio Palazzini

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