Roma, 27 mag – Non è un buon periodo per le lobby Lgbt. Hanno ancora molto potere, certo, ma la loro dittatura politicamente corretta sta iniziando a stufare parecchie persone. Come se non bastasse, poi, c’è anche la storia del vaiolo delle scimmie, con i consueti pianti di ordinanza degli arcobalenati. Ma loro tengono duro e rilanciano. E quale migliore occasione del lancio della nuova serie Netflix di Ricky Gervais? Detto fatto: nel giro di poche ore è subito arrivata l’accusa a Gervais, definito «transfobico» senza pensarci su due volte.
Gli Lgbt non sanno ridere
Il pomo della discordia è rappresentato da SuperNature, il nuovo spettacolo satirico lanciato su Netflix dal popolare comico britannico. Dopo il clamoroso successo della serie After Life, Gervais è tornato con questa stand up comedy dai forti toni politicamente scorretti. A finire sotto la lente d’ingrandimento dei gendarmi dei diritti civili ci sono in particolare le sue battute al vetriolo sui trans: di qui Gervais si è meritato l’accusa di essere un transfobico. «Abbiamo visto lo special di Ricky Gervais su Netflix», ha scritto in un comunicato Gay & Lesbian Alliance Against Defamation (Glaad), una delle tante lobby Lgbt. «È pieno di immagini esplicite, pericolose, anti-trans, mascherate da battute. Inoltre – prosegue la geremiade arcobalenata – lancia una retorica anti-gay e diffonde informazioni imprecise sull’Hiv. Attenzione Ricky e Netflix: le persone che convivono con l’Hiv oggi, quando sono sotto trattamento efficace, conducono una vita lunga e sana e non possono trasmettere l’Hiv ad altri».
Gervais transfobico?
I lamenti della Glaad sono subito stati rilanciati e puntellati da parecchia stampa mainstream: in Italia si è distinta come sempre Repubblica, che ormai non conosce più il senso del ridicolo. In un delirante articolo, in pratica ci dice che SuperNature fa ridere, ma non dovrebbe. Ok boomer. Ma andiamo a vedere il passaggio incriminato: «Ho usato un cliché sessista per dire che le donne non fanno ridere. So che ci sono molte donne divertenti. Oh, le donne! Non tutte. Parlo di quelle donne all’antica. Oddio! Quelle con l’utero. Quei dinosauri del c***o. No, adoro le nuove donne. Sono fantastiche, vero? Le nuove che si vedono ora, quelle con la barba e il c***o. Sono adorabili, le amo. E quelle all’antica ora fanno “Vogliono usare i nostri bagni!”. Perché non dovrebbero? “Sono per le donne”. Loro sono donne. Guarda i pronomi. In che modo questa persona non è una donna? “Bè, lui ha una pene”. Certo che sostengo i diritti delle persone trans. Sostengo tutti i diritti umani, quindi anche per persone trans. Vivete la vita che preferite. Usate i pronomi che preferite. Siate del genere che sentite vostro. Ma veniamoci incontro, signore. Toglietevi il c***o».
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La risposta dell’attore
A Gervais però – che in passato ha attaccato anche la cancel culture – non interessa poi molto essere definito «transfobico». Anzi, se la ride proprio: «Credo che sia a questo che serve la commedia, davvero: per farci superare determinate cose, mi occupo di argomenti tabù perché voglio portare il pubblico in un posto dove non è mai stato prima, nemmeno per una frazione di secondo». E allora vai avanti così Ricky: una risata li seppellirà.
Elena Sempione
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[…] «Anche un orologio rotto, due volte al dì, segna l’ora giusta», ed è così che dalla fogna di Netflix è da poco uscita la miniserie sulla vita di uno dei serial killer americani più sanguinari: Jeffrey Dahmer. Il docufilm ha generato però una serie infinita di proteste e controversie, il che sembrerebbe quantomeno bizzarro, visto che il crime è uno dei generi più prolifici e apprezzati. La polemica numero uno l’ha scatenata la comunità Lgbt, sconcertata dal fatto che Netflix avesse osato inserire Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer nella categoria arcobaleno, provocando così le ire degli intoccabili snowflake. […]