Home » “La musica e i suoi nemici” di Antonello Cresti: come trap e talent show hanno ucciso la gioventù

“La musica e i suoi nemici” di Antonello Cresti: come trap e talent show hanno ucciso la gioventù

by La Redazione
0 commento
La musica e i suoi nemici

Roma, 24 gen – Oggi più che mai è fondamentale il saggio del critico musicale  Antonello Cresti: La musica e i suoi nemici. Dai talent show alla trap: come l’industria discografica crea il conformismo di massa.

La musica, entità civile e religiosa

Il primo capitolo del “Silmarillion”, il complesso panorama cosmogonico creato da J.R.R. Tolkien e poi pubblicato postumo dal figlio Christopher si chiama “la musica degli Ainur”. Iluvatar (o Eru, l’Essere Supremo, il Dio creatore) genera degli spiriti divini, chiamati appunto Ainur, da un insieme di singoli canti che, alla fine, si fondono in un’unica melodia. L’imprescindibile Carta del Carnaro, scritta dal sindacalista Alceste de Ambris e rielaborata dal Vate Gabriele D’Annunzio quale Costituzione della Repubblica fiumana dedica alla musica addirittura la parte finale, con un capitolo comprendente ben due articoli. All’inizio del primo dei due, il LXIV, si dice esplicitamente: “la Musica è un’istituzione religiosa e sociale”. Musica con la maiuscola. Nel mondo islamico, il muezzin chiama i fedeli a raccolta per la preghiera cantando. Nel Cattolicesimo medievale, i canti gregoriani avevano un’importanza fondamentale per la solennità della Messa. E gli esempi potrebbero, restando alle sole Religioni, innumerevoli.

Cresti parla della musica e dei suoi “nemici”

E’ incredibile quanto colpevole sia il ritardo del mondo che pretende di opporsi al modello “globalista” sia nella comprensione dell’importanza della Musica sia nella disamina di determinati meccanismi che, come dicevamo, invece e purtroppo gli “avversari” conoscono e cavalcano benissimo. Arriva dunque urgente e fondamentale il saggio del critico musicale e, cosa ancora più importante, musicista Antonello Cresti: “La musica e i suoi nemici. Dai talent show alla trap: come l’industria discografica crea il conformismo di massa” (Uno Editori, 233 pg.).

Un pensiero sempre controcorrente

La precedente appartenenza “ideale” dell’autore (già critico musicale de il Manifesto e di Rockerilla, tra i partecipanti al famoso corteo contro il G8 di Genova all’interno del quale prese già coscienza di quanto il mondo proclamatosi “no global” fosse invece il veicolo privilegiato della globalizzazione che pretendeva di “combattere”), ora approdato ai lidi sovranisti di Vox Italia, rende la sua trattazione lucida e sgombra da complottismi deliranti di cui è, al contrario, viziata certa critica “scandalistica” cattolica. Cresti descrive bene il processo di “disumanizzazione” volto ideologicamente al consumismo senza cedere alla tentazione di farneticazioni su “satanismo”, massonerie occulte e quant’altro. Altra caratteristica fondamentale del saggio, l’assenza di quel moralismo deteriore tipico del conservatorismo.

La pseudo-trasgressione della musica di oggi

Sia benvenuta ogni vera “trasgressione” ma, come ben dimostra all’interno del suo scritto, il Grande Capitale oggi utilizza proprio la pseudo-trasgressione per “detonare” il potere più pericoloso di tutti i tempi: le gioventù. La trasgressione è la coraggiosa opposizione ai valori del proprio tempo, laddove invece attualmente, curiosamente, gli “artisti” finiscono con il diventare il megafono privilegiato della narrazione più conformista. Ancor meglio se attraverso l’operazione di “ripulitura” di un artista precedentemente “dannato” (che lo fosse davvero o fosse costruito a tavolino poco importa) e poi in qualche modo pentito. Quindi esempio ancora più “subdolo” e funzionale.

Gioventù mai più bruciata (o bruciante)

L’autore non è nuovo all’argomento: ha costituito la Convenzione degli Indocili, allo scopo di raggruppare sensibilità “affini” pur provenienti da barricate ideali differenti (nel rispetto delle differenze unica vera arma contro il Globalismo che, se da un lato ne sbandiera il rispetto dall’altro condanna in modo “forcaiolo” chiunque devii dai suoi percorsi e tende, invece, all’omologazione e al livellamento non solo dei “pensieri” ma anche degli stili di musica e dei modi di cantare, ridotti ad un canovaccio striminzito. Ha inoltre pubblicato decine di saggi sia sullo “stato” della musica sia su determinate scene musicali che, in passato, si sono contraddistinte come vera “rivoluzione” anti-sistemica. L’uomo integrale dev’essere lontano tanto dai moralismi bacchettoni del conservatorismo più bieco quanto dal “vittimismo” e dall’apologia costante della “fragilità” in cui è incastrata la “descrizione” della gioventù attuale (che i media vorrebbero si percepisse così: mai pericolosa, mai riottosa, mai “violenta” nel senso catartico del termine).

Spotify e la musica omogeneizzata

La Musica DEVE essere “ripresa”. Deve tornare ad essere criterio di “umanità”, fuori dal pantano di generi sterili come la trap e l’attuale indie (i cui meccanismi di “nullificazione” sono spiegati bene dall’autore), fuori dai canovacci tutti uguali, fatti di auto-tune e partiture fondate sulle ripetizioni “a pappagallo” non dovute ad una volontà “ritualistica” o “mistica” ma semplicemente per omogeneizzare tutto in una pappetta facilmente digeribile, “consumabile” e, presto, dimenticabile. La musica non osa più. Quando non sia disposta a “vendersi” allo storytelling sistemico ha paura del linciaggio mediatico seguente alle prese di posizioni forti e controcorrenti. Ossia, la negazione dello spirito rock dei tempi migliori. Non è un caso che la musica non sia più frutto di una ricerca “feticistica” dell’artwork di copertina, dell’importanza dei testi, della confezione ricercata ossia di un “affresco d’insieme” ad alto tasso di qualità. La musica è un “sottofondo” al supermercato, innocuo divertissement o una playlist usa e getta su Spotify.

Aprire occhi e orecchie

Il libro però è molto più e molto altro. E’ ricco di spunti, riflessioni, proposte. Inoltre, gode di uno stile scorrevole, fruibile, agevole che lo fa letteralmente divorare. Senza pause noiose o “tecnicismi” ad appesantirlo. Certo necessiterebbe di una distribuzione di massa e non della lettura di chi già è concorde con le tesi del musicologo toscano. Ma, forse, anche un certo ambiente politico e umano deve aprire gli occhi(e le “orecchie”) su quanto tempo stia perdendo e che se non scenderà sul terreno di battaglia… Quindi la lettura è non solo consigliata ma addirittura obbligata..

Maurizio L’Episcopia

You may also like

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati