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La cancel culture si “mangia” i Rolling Stones: “Via ‘Brown Sugar’ dai concerti, è razzista”

by Cristina Gauri
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Roma, 15 ott — Il bigottismo della cancel culture non risparmia neppure una (ex) icona della ribellione quali furono i Rolling Stones: il gruppo ha infatti deciso di eliminare Brown Sugar, uno dei loro più grandi successi, dalla scaletta del prossimo tour Usa.

Il motivo? La pioggia di critiche piovute sul testo del brano, che contiene precisi riferimenti alla schiavitù nera, alle donne di colore e non ultimo (ma ininfluente per la polizei politicamente corretta) all’uso di eroina. Era il 1971, il brano andò in testa a tutte le classifiche: il mondo avrebbe dovuto aspettare altri 50anni per assistere all’ondata di attivismo forcaiolo in salsa Black lives matter. Nessuno riteneva che il ritornello sulla black young girl fosse razzista o offendesse qualche minoranza.

I Rolling Stones tolgono Brown Sugar dalla scaletta

A confermare la decisione del gruppo è stato Keith Richards, chitarrista dei Rolling Stones. Intervistato dal Los Angeles Times, si è però detto sorpreso dall’ondata di odio talebano nei confronti di Brown Sugar. «Non hanno capito che questa era una canzone sugli orrori della schiavitù?». Richards si è detto comunque speranzoso di poter «”resuscitare” la bambina nella sua gloria da qualche parte lungo il nostro cammino». Il cantante Mick Jagger ha aggiunto che la ragione per cui il brano in questione non verrà suonato in tour è da ricercarsi nella difficoltà di compilare una scaletta per gli spettacoli negli stadi. «Abbiamo suonato Brown Sugar ogni sera dal 1970, quindi abbiamo pensato che per ora mettiamo il brano fuori scaletta e vedremo come va», ha detto. Ma «potremmo reinserirlo».

Già la canzone aveva attirato gli strali liberal

A dire il vero, già in un’intervista per Rolling Stone risalente al 1995 Jagger dichiarò: «Non scriverei mai quella canzone ora. Probabilmente mi censurerei. Penserei, “Oh Dio, non posso. Devo fermarmi”. Dio sa di cosa sto parlando in quella canzone. È un tale miscuglio. Tanti argomenti sgradevoli in un colpo solo», aggiunse. Il colpo di grazia è arrivato l’anno scorso, quando il produttore Ian Brennan sul Chicago Tribune ha aspramente stigmatizzato la decisione del gruppo di continuare a «suonare e trarre profitto» da una canzone che «glorifica la schiavitù, lo stupro, la tortura e la pedofilia». 

Cristina Gauri

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