Roma, 7 mag – La rivolta dei comici Pio a Amedeo contro il politicamente corretto ha aperto il leggendario vaso di Pandora. E ora sono veramente in tanti a sparare bordate contro la tirannia della neolingua antirazzista. L’ultimo in ordine di tempo è stato Edoardo Vianello, celebre cantautore romano degli anni Sessanta. Uno dei suoi più grandi successi, datato 1963, è ovviamente la canzone I Watussi, «gli altissimi negri». Parola che oggi, però, è stata inserita nella blacklist del dizionario politicamente corretto. Tant’è che alcuni pianisti finiscono per sostituirla quando si esibiscono in pubblico. Una cosa che a Vianello non piace neanche un po’: «Quando sento modificare la mia canzone, sostituendo “negri” con “neri” mi infastidisco», ha dichiarato il cantautore in un’intervista al Giornale.
Vianello e la parola «negri»
Insomma, per Edoardo Vianello, Pio e Amedeo hanno fatto bene a ribellarsi al politicamente corretto: «Sono convinto che abbiano ragione. Purtroppo oggi in Italia si pensa alla forma, ma non alla sostanza. Il rispetto va dimostrato con i fatti, non con le parole. Anzi sottolineando certe affermazioni si ottiene l’effetto contrario… prenda il caso dei Watussi. A volte alcuni pianisti, pensando di farmi un favore, modificano il testo. Non capiscono invece che così non fanno altro che mettere maggiormente in evidenza una cosa di cui invece non bisognerebbe vergognarsi».
La bordata contro il Ddl Zan
Insomma, secondo Vianello, il problema non sta affatto nella parola «negri», perché «il razzismo non è questo, ma è nei gesti. Non basta pulirsi le coscienze usando una parola anziché un’altra. E guardi che la pensano così anche molti africani che non si sentono offesi nell’essere chiamati “negri”». E lo stesso discorso «vale per tutte le polemiche sui gay», aggiunge il cantautore. Che infatti si scaglia anche contro il Ddl Zan: «Io ho diversi amici omosessuali. Ma non vedo onestamente la necessità di una norma ad hoc. Ci sono già le leggi attuali». Preciso e lineare.
Vittoria Fiore
1 commento
Ma infatti, l’espressione politicamente corretta “di colore” suona parecchio ipocrita se non razzista.