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Fuori i buonisti dagli stadi. Con la scusa del “razzismo” stanno uccidendo il calcio

by Valerio Benedetti
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Roma, 2 ott – Da ormai un paio di settimane è ripresa sempre più martellante la campagna contro il «razzismo» nel calcio. Le virgolette sono d’obbligo, perché dubito che i tifosi «daspati» – o comunque accusati di cotanto oltraggio – tengano sul loro comodino il Saggio sulla disuguaglianza delle razze umane del conte di Gobineau. Eppure, malgrado tutto, la battaglia contro il «razzismo» negli stadi – concetto talvolta mitigato in «xenofobia» o nel più vago «odio» – sembra comunque diventata più importante del calcio giocato. In ogni conferenza stampa, infatti, agli allenatori viene sempre posta la fatidica domanda in cerca di condanne sommarie ed endorsement buonisti.  

La dittatura del politicamente corretto

Il can can mediatico è ripartito un mesetto fa dopo Cagliari-Inter, allorché il neoacquisto nerazzurro Lukaku protestò contro gli «ululati razzisti» a lui rivolti dalla curva cagliaritana. Da allora abbiamo assistito a un crescendo: il «derby antirazzista» Milan-Inter, un tifoso della Sampdoria daspato per due anni per aver mimato l’aeroplanino di Superga ai torinisti, uno spettatore romanista daspato a vita per aver dato dello «scimmione» a Juan Jesus su una storia di Instagram, l’allenatore delle giovanili del Grosseto licenziato per aver criticato la Thunberg su Facebook, la Santa Inquisizione contro Claudio Lotito per aver definito «normale» la pelle bianca.

Niente di nuovo, per carità: già la passata stagione ci avevano triturato i contrappesi con il presunto razzismo contro Koulibaly e Moise Kean. L’argomentazione dei buonisti politicamente corretti, d’altronde, è sempre la stessa: finché saremo un «Paese arretrato e incivile» (autorazzismo), non saremo mai all’altezza delle altre nazioni (esterofilia = provincialismo) e in Italia le famiglie continueranno a non andare allo stadio (fake news). Bene, diamo una notizia ai buonisti: le famiglie allo stadio ci vanno già. Anzi, ci sono sempre andate e – ne siamo sicuri – continueranno ad andarci pure adesso che Repubblica ha stabilito che le tifoserie italiane sono «razziste».

Il razzismo non c’entra nulla

Il punto è questo. Qui non si tratta di giustificare gli «ululati» riservati ai calciatori con la pelle nera. Li trovo idioti, esattamente come trovo idioti gli insulti rivolti a giocatori bianchi, gialli o verdi. Qui si tratta più semplicemente di prendere queste manifestazioni (maleducate, irrispettose e antisportive) per quello che sono realmente. E cioè meri tentativi di destabilizzare l’avversario. Tentativi che, peraltro, sono spesso controproducenti, oltre che idioti: Lukaku ad esempio, sentendo i «buu» contro di lui, era ancora più motivato a calciare alla perfezione il rigore che si stava apprestando a battere. E infatti ha segnato.

Francamente, non mi va neanche di fare l’apologia degli ultrà beceri ma genuini contro la visione idillica e terribilmente noiosa dei tifosi che vanno allo stadio in giacca e cravatta. Trovo molto più interessante impostare la discussione su un altro piano: il calcio è passione e lotta, e le provocazioni, gli sfottò e le intimidazioni verbali fanno parte della bellezza di questo sport. Ma ciò che il calcio dovrebbe insegnare è sì l’amore per i propri colori e il rispetto dell’avversario, ma anche che la vita è dura. È, appunto, lotta. E se ti danno del «figlio di puttana» o dello «scimmione», tu continui a giocare: non fermi la partita, non vai a piagnucolare da mammà. Nel calcio come nella vita devi lottare e dar battaglia. I piagnistei e gli allarmi contro il «razzismo» lasciamoli invece ai buonisti e ai senza palle. Che, c’è da giurarci, da piccoli venivano quasi sempre messi in porta.

Valerio Benedetti

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3 comments

Jos 2 Ottobre 2019 - 3:46

..strano “rispetto” dell’avversario mimare l’aereo del Superga.

Reply
jenablindata 3 Ottobre 2019 - 7:04

c’è sempre stata una enorme differenza tra gli insulti e gli sfottò,
o tra lo stalking o il bullismo….
e il parlare
semplicemente in libertà,senza preoccuparsi troppo
di sembrare un pò colorito.

partito come un semplice codice di condotta tra ambasciatori,politici e giornalisti,
il “politically correct”
ha tracimato dovunque,come certe fogne….
riempiendo l’aria di miasmi irrespirabili e compromettendo
gravemente sia la libertà di opinione che quella di espressione:
oggi bisogna sempre stare attenti a come si interagisce con gli altri…
e non si può più parlare tranquillamente quasi con nessuno,
perchè c’è SEMPRE qualche idiota che si offende
per quello che dici o per le tue opinioni
(magari esposte parlando ad altri)
e si sente in diritto di rognare,interloquire,interrompere,censurare
e a volte denunciare…

ed il bello è che è quasi sempre gente che non vale una cicca:
ma meno vale,e più pretende,eh?
e che dimentica sempre che nel mondo reale….
il rispetto va guadagnato:
non viene mai,
MAI…calato dall’alto.

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??Manuela ?? #LaReteSiamoNoi ????❤️?? (@Manu_angels2012) 3 Ottobre 2019 - 8:15

….”destabilizzare l’avversario”!
Mai sentito “arbitro cornuto”!
Moglie adultera va bene e uhuhuhu no?!
Perché non parlate della cocaina e canne ecc che girano sugli spalti?!? O l’argomento esula dalla partita mentre lo sfottò no?!?
Siete qualunquisti e pettegoli: soluzioni per problemi seri no (droghe che girano sugli spalti)…..parliamo solo dei cori razzisti! Che pochezza!!!
Ops…..forse JOS è un arbitro ??‍♀️

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