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Eroi dimenticati, i calciatori della prima guerra mondiale

by Marco Battistini
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Roma, 25 mag – Dopo mesi di aspro dibattito interno il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarava guerra all’Austria-Ungheria entrando così nel primo conflitto mondiale. Il giorno precedente – domenica 23 – avrebbero dovuto disputarsi le ultime battute del campionato di Prima Categoria, ma la mobilitazione generale decretata da poche ore portò alla sospensione immediata di ogni gara. Tra i quasi sei milioni di italiani chiamati alle armi infatti, anche tanti sportivi impegnati nell’allora pioneristica pratica del pallone. Dal rettangolo verde alla trincea, circa trecento di loro non fecero più ritorno a casa. Una storia di eroi dimenticati e valorosi calciatori, di sangue versato per difendere la patria e riscattare le terre irredente.

I giocatori delle squadre milanesi

Durante la stagione 1914/15 erano otto le squadre milanesi iscritte alla sezione gestita dal comitato regionale lombardo: Inter e Milan erano già le più importanti. Secondo le ricerche effettuate dall’Istituto del nastro azzurro furono proprio nerazzurri e rossoneri a subire – in termini numerici – le perdite più importanti. In totale circa quaranta tesserati. Ai quali, sempre rimanendo nel contesto del capoluogo lombardo, aggiungiamo una decina di atleti dell’Unione Sportiva Milanese.

Virgilio Fossati, ad esempio, fu il secondo capitano della Beneamata. Classe 1891, segnò nel battesimo della nazionale italiana. Era il 15 maggio 1910. Nel giugno del ‘16 a Monfalcone “cadeva colpito a morte incitando i soldati ad avere fiducia nell’esito vittorioso dell’azione”. Il suo corpo non fu mai ritrovato. Fece parte di quel famoso 6-2 sulla Francia anche il tuttofare milanista Attilio Trerè, autore del primo storico gol in un derby della Madonnina. Portiere, difensore e centrocampista l’anima generosa del Kaiser – soprannome dovuto ai caratteristici baffi a manubrio – supererà la Grande Guerra. Ma fu costretta a chiudere con il calcio giocato. Vicino a Corridoni, successivamente aderirà al fascismo. Riposa al Verano e, come riporta l’epigrafe, “seppe dare alla patria sangue, onore e gloria”.

Tornando all’Inter, passò dal nerazzurro il prestante alpino volontario Giuseppe Caimi. Amante dell’arte e delle belle donne – leggenda vuole che per una serata di troppo al night fu escluso dalle olimpiadi svedesi – si guadagnò sul campo di battaglia tre medaglie d’argento e una d’oro. “Ufficiale di leggendario valore” dal “mirabile ardimento” morì il 26 dicembre 1917 per le ferite riportate in un combattimento corpo a corpo.

 Eroi dimenticati, tra i calciatori anche il volontario Luigi Ferraris 

Da Milano a Genova, sponda rossoblu. Oggi conservata in tribuna d’onore al Marassi, nel 1919 il consiglio del Genoa fece realizzare una lapide marmorea in ricordo di soci e giocatori caduti al fronte. Riporta i nomi di 25 uomini – forti nel corpo e invitti nell’animo – che offrirono la propria vita “nell’ultima e gloriosa guerra per l’indipendenza d’Italia”. Tanti eroi dimenticati, ma tra i calciatori troviamo, appunto, Luigi Ferraris (al quale è intitolato il suddetto stadio del capoluogo ligure).

Ingegnere e centrocampista del Grifone, partì volontario. Ottenendo la prima linea. “Siamo in guerra per riuscire e non per riportare la pelle a casa”: il tenente cadde nell’agosto 1915 sul Monte Maggio, dove fu sepolto dai suoi commilitoni. La medaglia d’argento al valor militare è ancora sepolta sotto la porta di gioco difesa dalla Gradinata Nord. A proposito, spostandosi un centinaio di chilometri a sud-est, ecco il Picco di La Spezia. Impianto dedicato all’alpino Alberto, capitano e primo marcatore della compagine bianconera. Morì – un paio di mesi prima di Ferraris – nei pressi del Monte Nero pronunciando “Viva l’Italia”. In sua memoria il governo fascista eresse sulla cima della montagna un maestoso rifugio – impreziosito da quattro aquile e dalla dicitura Victoribus Esto – distrutto però nel dopoguerra dall’odio titino.

Il fondatore della Juventus

Durante la terza battaglia dell’Isonzo offrì eroicamente la vita alla patria Enrico Canfari, insieme al fratello Eugenio tra i fondatori della Juventus. “Primo nell’attacco alla trincea nemica”, fu in precedenza presidente e attaccante della Vecchia Signora. Le sue memorie calcistiche rappresentano il documento di maggior importanza circa la genesi della società più titolata d’Italia.

Questi, forse, i casi più famosi. Ma dai ragazzi della Pro Vercelli – cinque campionati vinti allo scoppio del conflitto – alle squadre romane, passando da Verona, Udine, Bologna, Modena, dalla Toscana fino a Napoli e alle realtà siciliane le storie da raccontare potrebbero riempire un libro. Pagine di amor patrio, eroi dimenticati e calciatori d’altri tempi.

Marco Battistini

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