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Fabrizio Castori: un “provinciale” di nuovo in paradiso

by Marco Battistini
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fabrizio castori

Roma, 15 mag – Se la ricorderanno a lungo i tifosi della Salernitana la giornata di ieri. Al termine della trasferta abruzzese in quel di Pescara, dove i campani si sono imposti con un rotondo 0-3, l’ippocampo ha blindato il secondo posto in classifica. Aggiudicandosi così, insieme all’Empoli già in festa da qualche settimana, la promozione diretta al campionato di Serie A. Massima serie che, nella città della più antica istituzione medica d’Europa, mancava da oltre un ventennio.

Partita a “fari spenti” – le favorite a inizio stagione erano altre, su tutte il Monza – il trionfo della squadra di patron Lotito ha preso forma nelle ultime 10 partite, con 22 punti conquistati su 30 disponibili. Ora la palla passa proprio al presidente, che dovrà risolvere la questione circa il giusto divieto di “doppia” proprietà nella stessa competizione. L’imprenditore romano è infatti alla guida anche della Lazio.

Fabrizio Castori, il decano della cadetteria

In campo, tra gli altri, si è distinto il giovane attaccante partenopeo Gennaro Tutino. In prestito con opzione di riscatto dai cugini del Napoli, lo scugnizzo classe 1996 è il giocatore con più presenze stagionali nonché miglior marcatore della compagine allenata da Fabrizio Castori. Dall’alto della sua esperienza, l’uomo in più dei granata si è rivelato proprio colui che siede (si fa per dire, conoscendone il temperamento) in panchina.

Viene dalla provincia profonda il tecnico in attività con più “presenze” in cadetteria. Nato a San Severino Marche nel 1954, ha scalato – unico in Italia – tutti i campionati della Figc, conosce il professionismo a Lanciano, dove vince sia la serie D che la C2. La prima piazza relativamente “importante” è Cesena, nel 2003, quando al primo colpo centra la Coppa Italia di categoria e, soprattutto, la promozione in serie B. Poi un lungo girovagare per lo stivale: Salerno, Piacenza, Ascoli, Varese, Reggio Calabria e Carpi. In Emilia scrive una bellissima pagina di storia sportiva, guidando per la prima volta assoluta i biancorossi alla conquista della Serie A. Dopo il triennio carpigiano riprende il personale “pellegrinaggio” calcistico. Torna in Romagna, allena qualche mese a Trapani per poi rientrare, appunto, in Campania.

Nella carriera del marchigiano c’è quindi tanta gavetta e altrettanta fatica. Lontano anni luce dalle frasi fatte e dalla dichiarazioni di circostanza, il suo carattere si rispecchia nelle squadre allenate. Pochi fronzoli e tanta sostanza. Un uomo tremendamente concreto mister Castori, un allenatore che è riuscito a lasciare il segno nel cuore di qualunque tifoseria per cui abbia lavorato. E che – a differenza di tanti altri – ha pagato per gli errori commessi.

Provocazione chiama ribellione

Come a Lumezzane nella finale play-off del 20 giugno 2004. I padroni di casa, a cui basta un pareggio per la promozione in cadetteria, incrociano i tacchetti con il Cesena, che deve assolutamente vincere per lasciarsi alle spalle 4 anni di C1. In Val Trompia arrivano quattromila romagnolitutti rigorosamente senza biglietto – e nonostante l’acquazzone rovesciatosi sulle prealpi bresciane, il clima è rovente. Ai supplementari passano i castorizzati, ma nel giro di pochi minuti il Lume perviene all’1-1, esultando davanti alla panchina bianconera.

E’ il finimondo: in mezzo al campo si consuma una memorabile rissa. Volano i calci, gli spintoni e soprattutto i cartellini rossi. Uno di essi è rivolto anche a Castori che, in piena trance agonistica, finisce la partita aggrappato alla recinzione del settore ospiti. Carica emotiva che l’allenatore marchigiano si porta anche in sala stampa dove, chiamato a rispondere sull’accaduto, non si scusa. Anzi, rilancia con un politicamente scorrettissimo “provocazione chiama ribellione”. La gogna mediatica è immediata, la squalifica sportiva sarà di 3 anni, poi ridotti a 2. Ciononostante rimane saldo al suo posto, in settimana sul campo – con l’impegno di volontariato presso la comunità di San Patrignano – al sabato “ingabbiato” nei box delle tribune.

Essere esempio

Oggi, dopo una vita calcistica sempre all’attacco, la seconda personale promozione in Serie A. Il protagonista di queste righe di strada ne ha fatta dalla metà anni ’80 quando con il Camerino festeggiava il passaggio dalla Prima Categoria alla Promozione. Voglia di vincere, dedizione al lavoro, schiettezza, capacità nel sapersi rialzare. Siamo la generazione che ha visto allenare Fabrizio Castori, prendiamone esempio.

Marco Battistini

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