Roma, 16 ott – Juve-Roma. La prima capitale d’Italia contro quella, per dirla con Cavour, necessaria perché idealmente lo è da sempre. Ma anche, in ambito prettamente calcistico, la squadra più titolata dello Stivale contro la prima e (finora) ultima compagine del Centro-sud capace di centrare l’impresa del tricolore.
Il 17 marzo 1861 – giorno in cui viene proclamato il Regno d’Italia – i territori laziali, insieme al Triveneto (sotto dominio austriaco), non sono ancora compresi all’interno dei confini nazionali “ufficiali”. Bisognerà aspettare l’autunno del 1870 con la breccia di Porta Pia e, l’anno successivo, il passaggio di consegne da Firenze – provvisorio fulcro politico – alla città eterna. Torino, aristocratica e borghese, si sta trasformando in un grande centro – primo in Italia ad usufruire dell’illuminazione pubblica – Roma, che immensa lo è per natura, viene posizionata ancora una volta al centro del mondo. Il declassamento non è gradito – l’Italia è (ri)unita ma si sa, devono ancora essere fatti gli italiani – in territorio sabaudo. Silvio Spaventa, lo stesso della lotta al brigantaggio, dovrà usare metodi poco ortodossi per reprimere le manifestazioni di dissenso.
Goleade e polemiche
Come spesso succede poi, l’incedere della storia viene così riportato sul rettangolo verde. D’accordo, a differenza di qualche anno fa, l’incontro che si disputerà domani sera allo Stadium – almeno per i padroni di casa, in ritardo di 10 lunghezze sul Napoli capolista – non avrà il richiamo delle sfide di altissima classifica. Ovvio, ci sono rivalità ben più sentite da ambo le parti. Resta il fatto che gli scontri tra Juve e Roma hanno sempre scritto pagine importanti della pedata italiana. Già dal marzo 1931, quando al Testaccio i capitolini si impongono con un perentorio 5-0. Vittoria definita da Vittorio Pozzo una partita che “farà epoca nella storia del calcio italiano”.
Come non ricordare poi l’episodio chiave della stagione 1980/81? Alla terzultima giornata va in scena al Comunale di Torino la non-rete per antonomasia, quella di Turone, una questione di centimetri che spingerà il tricolore all’ombra della Mole. Al termine, giusto per buttare altra benzina sul fuoco, Agnelli dirà al sindaco Petroselli: “Avete il Papa e Andreotti, volete portarci via anche lo scudetto?”.
Juve-Roma: dispetti e sfottò
Esattamente vent’anni più tardi – maggio 2001 – questa volta al Delle Alpi, sono i giallorossi a dare la spallata definitiva. Quella che poi porterà i ragazzi di Capello alla conquista del loro terzo titolo. Al 79’ i bianconeri avanti 2-0 progettano l’aggancio, ma il giapponese Nakata e l’aeroplanino Montella (minuto 91) ristabiliscono ogni equilibrio. Proprio Don Fabio nell’estate del 2004 fuggirà dai Fori Imperiali per cogliere – a detta sua – una nuova sfida agonistica: quella irrinunciabile dei rivali piemontesi. Solo pochi mesi prima la Magica aveva schiantato a domicilio la Vecchia Signora: assoluti protagonisti il genio del Pupone e la sregolatezza di Cassano. Nelle battute finali lo stesso capitano romanista canzona il ruvido Tudor con il celeberrimo siparietto del “zitto, 4-0 e a casa”.
Spine dorsali tutte italiane
Insomma ci sono i presupposti perchè Juve-Roma non sia una partita come tutte le altre. Per Allegri è già un crocevia da dentro o fuori. Senza Morata e con Dybala (probabilmente) a mezzo servizio, c’è da valutare attentamente anche i titolari in difesa e nel settore nevralgico, dopo i ritorni – nella serata di venerdì – dei sudamericani dalle rispettive nazionali.
La Roma – che lunedì, anticipando tutte le altre, ha dato il via alla campagna abbonamenti “Per innamorarsi ancora” – ci arriva da quarta forza del campionato. L’avvio è tutto sommato promettente ma la caduta di Verona e la sconfitta nel derby lasciano qualche perplessità sulle prospettive a lungo termine della banda Mourinho (a proposito, lo Special One non è nuovo a provocazioni in chiave anti-juventina). Con Abraham unico dubbio, in campo si vedrà comunque la formazione tipo. Opportunità a sinistra per il giovane terzino Calafiori, mentre l’uomo in più potrebbe essere Zaniolo – altro ragazzo dal sicuro avvenire – al lavoro per superare la noia al flessore. Nessun dubbio invece sul gettone iniziale di altri sei connazionali: Bonucci, Locatelli, Chiesa e Mancini, Cristante, Pellegrini. In altre parole le “spine dorsali” di entrambe le squadre parleranno italiano.
Diatribe, tensioni, prese per i fondelli. (Non) è solo calcio, lo sappiamo. Per superare divisioni cristallizzate – tra Torino e Roma – dobbiamo tornare indietro di due secoli. Vittorio Emanuele II, il re galantuomo, nasce nel capoluogo piemontese e riposa nel Pantheon, il tempio degli déi: a lui è dedicata la magnificenza del Vittoriano. Perché più forte e più in alto di ciò che ci allontana c’è tutto quello che ci unisce.
Marco Battistini