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“Pochi momenti come questo belli”: le folli corse di Nicola e Florenzi

by Marco Battistini
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Roma, 13 mar – “La folla – unita ebbrezza – par trabocchi / nel campo: intorno al vincitore stanno, / al suo collo si gettano i fratelli. / Pochi momenti come questo belli, /a quanti l’odio consuma e l’amore, / è dato, sotto il cielo, di vedere.” Nella seconda delle tre sestine di Goal – ultima composizione di Cinque poesie per il gioco del calcio – il poeta triestino Umberto Saba descrive così il momento più atteso dei 90 minuti, quello appunto dove la propria squadra buca la rete dell’estremo difensore avversario (“Il portiere caduto alla difesa / ultima vana, contro terra cela / la faccia, a non vedere l’amara luce.”). Un fermo immagine valido tanto nel 1934 (anno di pubblicazione di Parole) quanto ai giorni nostri: l’ebbrezza dopo aver segnato, la squadra che esulta e pare fondersi con il pubblico.

Davide Nicola e il bacio alla poliziotta (sbagliata)

Chiedere in tal senso al tecnico della Salernitana Davide Nicola. All’alba del nuovo millennio, ancora onesto mestierante della fascia laterale, sulla soglia delle ventisette primavere si ritrova (nuovamente) a difendere la casacca del grifone. Nonostante l’esperienza maturata, il tabellino alla voce reti realizzate in carriera è ancora inchiodato sullo zero. L’incantesimo si rompe a fine aprile, al Marassi arriva l’Atalanta: Strada trova il corridoio giusto sulla corsia di destra ed è proprio Nicola a rompere – oltre all’equilibrio della gara – il ghiaccio con il gol. Il biondo terzino si lancia in una corsa sfrenata che – dopo un calcione rifilato alla bandierina – si conclude letteralmente addosso ad un’ignara poliziotta in servizio a bordo campo. “E’ un’amica, mi aveva detto prima della partita che avrei fatto gol e ho voluto ringraziarla” dirà ai giornalisti incuriositi da quell’insolito bacio: peccato solo che in quella frizzante serata primaverile l’amica di famiglia fosse comodamente seduta in tribuna.

Florenzi, “bello de nonna”

Al contrario, non ha sbagliato donna Alessandro Florenzi. Il duttile campione d’Europa, attualmente in forza al Milan, è uno di quei (pochi) difensori che trova la via della rete più facilmente rispetto ai colleghi di reparto: nato centrocampista offensivo – a Crotone arriva in doppia cifra – si consacra poi come terzino di spinta. Tra le oltre 40 marcature, doveroso ricordare quella esagerata del 2015 contro il Barcellona, con gli azulgrana colpiti da 55 metri di distanza. Di fattura meno pregevole ma altrettanto significativo il diagonale con cui nel settembre 2014 il ventiquattro giallorosso trafigge Cragno, una rete come tante che chiude anzitempo un Roma – Cagliari di inizio campionato. Se non fosse che, per la prima volta in carriera, a tifare per il nipote c’è anche nonna Aurora: l’inconsueta corsa in tribuna ad abbracciarla ripaga decisamente la (fiscale) ammonizione.

Voce del verbo esultare

E’ vero, di festeggiamenti nel calcio strani ne abbiamo visti tanti, forse troppi. Ma tra le righe dell’irrazionale corsa di Nicola e del caloroso abbraccio di Florenzi possiamo leggere qualcosa di diverso dal solito. Si esulta quando si vince, o comunque se si raggiunge un obiettivo (in inglese goal, per l’appunto): non lo si fa mai in solitaria, in quanto esso rimane intrinsecamente un atto di pura socialità. Facciamoci caso la prossima volta: nell’era dell’atomizzazione e del distanziamento sociale non è cosa da poco.

Marco Battistini

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