Roma, 23 lug – Se l’obiettivo settimanale di ogni squadra è vincere la partita, il fine ultimo del calciatore è quello di contribuirvi, magari buttando il pallone in fondo al sacco. “Tu rappresenti tutto il calcio italiano”: dal poco contestabile punto di vista di cui sopra, non usò termini esagerati Giuseppe Meazza quando – nelle insolite vesti di scrittore – rese privatamente omaggio al collega Silvio Piola. Primatista per reti segnate in Serie A con 274 centri e, considerando tutte le competizioni ufficiali, ancora oggi miglior calciatore nostrano in termini realizzativi. Centrattacco per antonomasia, ha legato la sua carriera alle maglie di Pro Vercelli, Lazio e – nel secondo dopoguerra – Novara.
Gli esordi alla Pro Vercelli e la consacrazione laziale
Cresciuto nel Piemonte d’inizio ‘900 si forma calcisticamente nella Veloces, fertile compagine giovanile che in pochissimi anni viene assorbita dalla più strutturata Pro Vercelli. In maglia bianca esordisce in massima serie a soli sedici anni, concludendo la stagione 1929/30 aggregato alla prima squadra. L’apprendistato è talmente veloce da meritarsi nel giro di pochi mesi la casacca da titolare, ripagata – manco a dirlo – a suon di gol. Saranno oltre cinquanta nelle quattro annate eusebiane: da registrare anche una tripletta allo zio materno Giuseppe Cavanna, estremo difensore del Napoli.
Promesso sposo dell’Ambrosiana nell’estate del 1934 lo acquista invece la Lazio. Con i biancocelesti – una storia lunga nove campionati – continua a destreggiarsi con quello che sa fare meglio, ossia bucare i portieri avversari. In cinque occasioni supera le venti reti stagionali, vincendo due volte la classifica cannonieri. La stagione migliore è sicuramente quella del ‘37. I capitolini, grazie alla vena realizzativa del potente ambidestro, si fanno strada nella Coppa dell’Europa Centrale – dove arrivano in finale – e lottano fino all’ultimo per lo scudetto (conquistato dal Bologna). Proprio la casella vuota alla voce tricolore sarà l’unico rimpianto di tutta la carriera.
Piola in azzurro: orgoglio, gol e gloria
Le vittorie – e la relativa gloria – arriveranno con indosso un’altra sfumatura di blu, l’azzurro della nazionale. Già dall’esordio contro il Wunderteam austriaco al quale Piola, in campo proprio per sostituire l’infortunato Meazza, rifilò una bella doppietta. Era il 24 marzo 1935, tre anni (e altrettanti mesi) più tardi stenderà nella vincente finale mondiale l’altra metà del fu impero asburgico: ancora due reti, ma dal peso specifico decisamente diverso.
Con la maglia dell’Italia segna praticamente un gol a partita. Trenta (terzo in assoluto) su trentaquattro incontri disputati, per vantare ancora oggi la nostra miglior media realizzativa di sempre. Un amore contraccambiato quello tra Piola e la selezione esperia: per stessa ammissione della figlia Paola, intervistata qualche anno fa dal Giornale, nulla esaltava l’agile ariete quanto rappresentare sportivamente la propria nazione.
Gli ultimi anni a Novara
Calciatore dal repertorio completo – dalla rovesciata a bicicletta al colpo di testa – fuori dal campo amava nascondersi nella placidità di una pescata o nelle battute di caccia insieme ai fidati cani. Con l’evento bellico il campione del mondo torna in Piemonte. Gioca – e ovviamente continua a segnare – sotto la Mole (Torino e Juventus).
Altro giro, altro azzurro. E’ quello del Novara, dove l’astuto acrobata vive una seconda giovinezza. Tra i primi attaccanti a posizionarsi “spalle alla porta”, prolunga la carriera curando meticolosamente allenamenti e nutrizione. Ripartito dalla cadetteria, le sue reti accompagnano subito i gaudenziani nel massimo campionato. Ancora ottantasei centri nelle ultime sette stagioni: nella sua longeva semplicità il re del gol appenderà gli scarpini al chiodo a quarantuno anni.
Marco Battistini