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La strage di Malga Sasso: quando i terroristi “sudtirolesi” uccisero tre finanzieri italiani

by La Redazione
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Malga Sasso, Alto Adige

Bolzano, 9 set – La casermetta di Malga Sasso sorgeva sulle pendici del Monte del Sasso, posto sulla destra orografica del fiume Isarco a 1745 metri d’altezza, in mezzo a un esteso prato circondato da boschi di conifere. La malga si trova poco distante dal passo del Brennero, al quale è collegata con una strada percorribile con automezzi fuoristrada. Il distaccamento poteva essere raggiunto anche a piedi, sia dalla strada del Brennero sia dall’Austria. Il 3 giugno del 1966, il Controspionaggio italiano segnalò che la caserma della Guardia di Finanza di Malga Sasso avrebbe potuto subire un attacco terroristico.
Un’analoga informativa, datata 15 giugno, avvertiva che una casermetta situata vicino al Brennero avrebbe potuto essere obiettivo di un attentato. Il 28 agosto, i nostri Servizi di Sicurezza diedero per certo un assalto a Malga Sasso per il giorno dopo. Il 29 agosto, in occasione del segnalato attacco, il tenente Franco Petrucci si recò al distaccamento dove svolse da mezzanotte alle 6 anche un turno di guardia. Sempre il 29 agosto, in territorio austriaco, in un fienile di una malga posta a circa venti minuti di cammino da Malga Sasso, agenti della Polizia austriaca sequestrarono tre pistole mitragliatrici e tremila colpi. Il 31 agosto, il tenente Petrucci lasciò la caserma, cedendo il comando al sottotenente Pierotti. Il giorno successivo il reparto fu portato a 16 uomini.

La strage

Il 5 settembre, una comunicazione riservata del nostro Controspionaggio ribadì l’imminente offensiva terroristica a Malga Sasso. Il 6 settembre, il sottotenente Pierotti lasciò Malga Sasso, cedendone il comando temporaneo all’altoatesino vicebrigadiere Herbert Volgger.
L’8 settembre, il Controspionaggio segnalò come incombente, per il giorno stesso, un attacco contro un funzionario o un militare italiano a Riva di Vizze, vicino a Vipiteno, e confermò lo stato di preallarme per Malga Sasso. Il mattino del 9 settembre intorno alle 10, il tenente Franco Petrucci, con le guardie Domenico Perla e Luigi Fronzino, arrivò al distaccamento di Malga Sasso per compiere un’ispezione. Intorno alle 11, uno spaventoso boato rase al suolo la casermetta. In quel momento, il tenente Petrucci si trovava nell’ufficio assieme al vicebrigadiere Volgger, mentre Martino Cossu, il “bocia”, era in cucina. Assieme a lui c’erano Luigi Franzino, Domenico Perla, Giovanni Perugini e altri. Giovanni Flore era ancora nel dormitorio. La terribile esplosione fece completamente crollare il muro maestro, spesso 60 cm, del lato esposto a nord/ovest in corrispondenza dell’ufficio, e abbatté la parete divisoria fra l’ufficio e la cucina. Il tetto, eretto in lastre d’ardesia, volò via in corrispondenza della cucina, dell’ufficio e di una camerata. La soglia e la mazzetta della finestra dell’ufficio furono polverizzate, mentre l’inferriata fu scagliata a 18 metri di distanza. Le brande della camerata furono torte e scaraventate via. Alcuni detriti furono lanciati fino a 50 metri di distanza.

Morti e feriti

Herbert Volgger fu investito in pieno dallo scoppio e massacrato. Fu trasformato in una torcia umana e proiettato dall’ufficio alla cucina attraverso il divisorio abbattuto. Indosso gli erano rimasti, intorno all’inguine, solamente alcuni brandelli di tessuto dei suoi indumenti. Il suo corpo, completamente carbonizzato, mostrava nella parte anteriore estesi crateri contenenti miriadi di schegge. Martino Cossu fu travolto dalla parete interna dell’ufficio che era piombata in cucina, rimanendo incassato fra il muro e la radio. Anche Luigi Franzino fu colpito dalla parete, ma fortunatamente solo di striscio.
Il tenente Franco Petrucci fu avviluppato dalla fiammata e abbattuto da un subisso di frantumi. Oltre metà del suo corpo venne ricoperta da gravissime ustioni. Inoltre, riportò la perforazione centrale del timpano sinistro e la distruzione di quello destro. Fu portato immediatamente all’ospedale civile di Vipiteno, ma morì il 23 settembre dopo due settimane di atroci sofferenze. Altri due finanzieri furono feriti dalla deflagrazione: Athos Bertarini e Giovanni Flore, grazie al cielo in maniera non grave.

La rabbia di Saragat

La strage provocò un’ondata di cordoglio e di sdegno in tutta Italia. Il Presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, rimase molto colpito da quell’attentato. Indro Montanelli descrisse la rabbia del Presidente della Repubblica, così come gli fu raccontata dal capo della segreteria del Presidente del Senato, Mario Castiello D’Antonio: «Castiello mi dice che Saragat è in preda a una crisi di furore nazionalista contro i terroristi dell’Alto Adige. Voleva chiamare il Capo della Polizia, Vicari, per ordinargli di spedire a Innsbruck dei sicari per uccidere i mandanti». Il 15 settembre alla Camera, il Ministro degli Interni, Taviani, comunicò che ai nostri militari era giunta la disposizione di combattere senza quartiere il terrorismo, sparando a vista sui terroristi già conosciuti. Il 27 marzo del 1969, la prima Corte d’Assise di Milano assolse per insufficienza di prove Georg Klotz, Richard Kofler, Alois Larch e Alois Rainer, dall’accusa di strage per attentato alla sicurezza dello Stato e di detenzione di materie esplodenti in relazione a essa. Klotz fu condannato a 23 anni di reclusione per altri crimini. Tempestivamente fioccarono i ricorsi in appello, sia da parte del Pubblico Ministero sia da parte degli avvocati degli imputati. Il P.M. chiese la condanna per Klotz, Rainer, Larch e Kofler per la strage di Malga Sasso, nonché la condanna degli altri imputati assolti per altri reati, mentre la difesa chiese l’assoluzione con formula piena per tutti gli imputati.

Le condanne

Dopo tutta una serie di rinvii, sollevazioni di eccezioni ed effettuazione di nuove perizie, finalmente, il 12 febbraio del 1976, la seconda Corte d’Assise d’Appello di Milano, dopo aver confutato tutti gli assunti della difesa, condannò Richard Kofler alla pena di 23 anni e 6 mesi di reclusione per strage aggravata, detenzione di materie esplodenti e per calunnia aggravata; Alois Rainer a 23 anni e 6 mesi di reclusione per strage aggravata, detenzione di materie esplodenti e cospirazione politica; Alois Larch a 28 anni di reclusione per strage aggravata e detenzione di materie esplodenti. Inoltre, a Kofler fu revocato l’ordine di scarcerazione. Nel frattempo, il 24 gennaio del 1976, era morto, stroncato da un attacco cardiaco, Georg Klotz. Il “Martellatore” aveva 56 anni e viveva da tempo a Schönberg, nei pressi di Innsbruck, dove gestiva un deposito di carbone. Il 2 febbraio del 1976, il suo certificato di morte pervenne alla Corte d’Appello, che proclamò il non doversi procedere essendo i reati per cui era imputato estinti per decesso.
La difesa ricorse in Cassazione.

La grazia

La Suprema Corte, con sentenza del 16 dicembre 1977, nel decretare passato in giudicato il verdetto, rigettò i ricorsi di Richard Kofler, Alois Rainer e Alois Larch. Il 26 gennaio del 1983, fu dichiarata estinta la pena inflitta a Richard Kofler a causa della morte del reo. Il 22 novembre del 1995, fu condonata ad Alois Rainer la pena residua di un anno e, il 24 luglio del 2007, il Presidente della Repubblica concesse la Grazia ad Alois Larch.

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La strage di Malga Sasso: quando i terroristi "sudtirolesi" uccisero tre finanzieri italiani | NUTesla | The Informant 10 Settembre 2020 - 6:10

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