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Vi spieghiamo perché nel 2016 ha (ancora) senso definirsi “Fascisti”

by Emmanuel Raffaele
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12002096_1152923434722482_1260234291135158128_nRoma, 29 mag – “Non volete parlare di cose di settant’anni fa, ma allora perché non rinunciate a definirvi fascisti?”. Nel corso della trasmissione di La 7 “Omnibus”, lo scorso 23 maggio, Simone Di Stefano, vicepresidente di CasaPound Italia e candidato sindaco di Roma, è costretto a rispondere alle solite domande sull’eredità dell’esperienza fascista. Poche ore prima, nel rispondere alle domande dei cronisti, il presidente di Cpi, Gianluca Iannone, aveva ulteriormente tenuto il punto sulla questione: “Fascisti del terzo millennio? Fascisti può bastare”. Ma, lasciando a ciascuno la libertà di apprezzarne o meno i punti di vista, giusti o sbagliati che siano per ciascuno, può avere ancora un senso definirsi fascisti nel 2016? Secondo noi si, e vi spieghiamo perché. “Come ogni salda concezione politica, il fascismo è prassi ed è pensiero, azione a cui è immanente una dottrina, e dottrina che, sorgendo da un dato sistema di forze storiche, vi resta inserita e vi opera dal di dentro. Ha quindi una forma correlativa alle contingenze di spazio luogo e di tempo, ma ha insieme un contenuto ideale che la eleva a formula di verità nella storia superiore del pensiero”. E’ questo l’incipit della “Dottrina del fascismo”, scritto non troppo conosciuto e sicuramente non abbastanza studiato di Benito Mussolini e Giovanni Gentile. E, già in questo passaggio iniziale, la dottrina del fascismo, pur  nella sua immanenza rispetto all’azione, pur non potendone fare a meno poiché è proprio dall’azione e dalla storia che nasce, emerge come “verità nella storia superiore del pensiero”. Il fascismo, “la più audace, la più originale e la più mediterranea ed europea delle idee”, secondo una definizione che si trova nel medesimo scritto, è dunque, consapevolmente, dottrina politica vera e propria. Con buona pace anche di quanti, pur considerati “neofascisti”, per non sfigurare in tv, hanno spesso risposto ben diversamente da Iannone e Di Stefano, minimizzando la loro eredità e riducendola ad una mera interpretazione alternativa rispetto ad un periodo storico da valutare soltanto in quanto tale.

Le cose, invece, non stanno così ed uno dei meriti di CasaPound, riassunto dalle risposte nette dei due dirigenti nazionali e dall’ “assolutamente si” che qualche tempo fa ancora Simone Di Stefano scandì ai microfoni di “Piazzapulita”, è stato senza dubbio quello di rinunciare alla strategia difensiva per passare “all’attacco”. Ma, CasaPound a parte, torniamo al punto principale: infatti, una volta ammesso che il fascismo è dottrina politica, è ovvio che continuare a pretendere di censurarne la definizione diventa un atteggiamento ancor più esplicitamente liberticida. Inoltre, se l’antifascismo che convoca manifestazioni violente ad ogni piè sospinto per fermare i fascisti è realmente fuori tempo poiché, attraverso questa lotta, non combatte più un “sistema” o uno stato avversario, il fascista, al contrario, ha una sua ragion d’essere ed una visione del mondo propria. Le due prospettive, dunque, sono ben diverse. Ma torniamo a noi. Si stima, infatti, che tra le 17mila e le 40mila persone – i tre quarti delle quali probabilmente innocenti – persero la vita nel corso del “terrore” seguito alla Rivoluzione Francese. Né i paesi cosiddetti liberali andarono mai in seguito per il sottile, basti pensare al duro colonialismo inglese o belga, alla schiavitù americana, alle atomiche e chi più ne ha più ne metta. Il sogno comunista, invece, tra Unione Sovietica e stati satellite, produsse milioni di morti. Tutte idee che affondando le proprie radici ancora più in là nel tempo. Eppure, nessuno si sogna di mettere in dubbio la legittimità di definirsi liberale, socialista, comunista o altro. La difficoltà di separare il pensiero politico fascista dalla storia del “ventennio”, d’altronde, è data esattamente dalla persona di Mussolini, che è al tempo stesso “duce”, ovvero capo di un movimento politico e di un regime, nonché fondatore della sua dottrina.

Ma è ora di capire e di far capire che, se “la forma correlativa alle contingenze di spazio luogo e di tempo” è passata insieme all’esperienza storica del fascismo, la sua visione del mondo non può passare semplicemente perché le idee, una volta partorite, non muoiono. Né ha senso confonderle con la contingenza e, con la scusa di voler attualizzare il dibattito, pretendere che si rinunci ad una identità, come se avere una visione del mondo fosse d’ostacolo a discutere i temi d’attualità. Questo è soltanto il tentativo di uccidere un’idea nell’unico modo possibile: privarla della sua dimensione complessa. Senza un nome a sugellare quell’equilibrio tra spunti differenti, senza quell’unitarietà avremmo una serie di posizioni di varia natura slegate e disorganizzate, anziché una dottrina organica qual è invece appunto quella fascista. Detto questo, e senza voler esaminare le questioni di merito di tali affermazioni, se il fascismo è considerato “impresentabile” fondamentalmente a seguito delle leggi razziali, è altrettanto impresentabile la sua dottrina? E, se questo è il limite teorico per accettare un pensiero come legittimo, il fascismo è una dottrina fondata unicamente sull’odio, priva di qualsiasi spessore culturale e filosofico? Assolutamente no e non è difficile dimostrarlo. D’altronde, il fatto stesso che alla sua stesura abbia collaborato uno dei filosofi di maggior rilievo del secolo scorso quale fu appunto Giovanni Gentile (ucciso dai partigiani in un agguato a Firenze nel ‘44), dovrebbe essere una risposta sufficiente alla domanda. Giovanni_Gentile_1

Ma proviamo a dare un rapido sguardo. Ebbene, c’è la matrice socialista: “il valore essenziale del lavoro, con cui l’uomo vince la natura e crea il mondo umano (economico, politico, morale, intellettuale)“. C’è Nietzsche: “Antipositivistica, ma positiva: non scettica, né agnostica, né pessimistica, né passivamente ottimistica, come sono in generale le dottrine (tutte negative) che pongono il centro della vita fuori dell’uomo“. C’è l’etica romana: “La vita perciò quale la concepisce il fascista è seria, austera, religiosa: tutta librata in un mondo sorretto dalle forze morali e responsabili dello spirito. Il fascista disdegna la vita “comoda””. C’è Hegel: “Anti-individualistica, la concezione fascista è per lo Stato; ed è per l’individuo in quanto esso coincide con lo Stato, coscienza e volontà universale dell’uomo nella sua esistenza storica“. C’è una distinzione chiara rispetto al concetto di rivoluzione di matrice marxista-anarchica e, più in generale, alla visione progressista: “[il fascismo] non crede possibile la “felicità” sulla terra come fu nel desiderio della letteratura economicistica del ‘700, e quindi respinge tutte le concezioni teleologiche per cui a un certo periodo della storia ci sarebbe una sistemazione definitiva del genere umano. Questo significa mettersi fuori della storia e della vita che è continuo fluire e divenire“. Supera il liberalismo ammettendone la funzione storica di trasformare lo Stato “nella stessa coscienza e volontà popolare“. Si delineano i confini tra individuo e Stato: “la libertà dello Stato e dell’individuo nello Stato“. Si intende superare infine anche il socialismo, assorbendone le istanze in una concezione insieme innovativa e tradizionale: “nell’orbita dello Stato ordinatore, le reali esigenze da cui trasse origine il movimento socialista e sindacalista, il fascismo le vuole riconosciute e le fa valere nel sistema corporativo degli interessi conciliati nell’unità dello Stato“.

Ci si inserisce in un dibattito secolare, definendo l’idea stessa di Stato quale entità che viene prima della nazione ed ha dimensione essa stessa “etica”: “Non razza, né regione geograficamente individuata, ma schiatta storicamente perpetuantesi, moltitudine unificata da un’idea, che è volontà di esistenza e di potenza: coscienza di sé, personalità“. Poiché “la nazione è creata dallo Stato, che dà al popolo, consapevole della propria unità morale, una volontà, e quindi un’effettiva esistenza“, spiega Gentile, è dunque uno “Stato già in fieri” che trasforma in diritto la consapevolezza di essere nazione e che, in seguito, diviene “educatore e promotore di vita spirituale”. Nel 1915, ammette Benito Mussolini,  “non c’era nessuno specifico piano dottrinale nel mio spirito”. Ma è da quella che egli stesso definisce una “dottrina dell’azione” che nasce il fascismo, gli spunti del quale, “liberati dall’inevitabile ganga delle contingenze, dovevano poi, dopo alcuni anni, svilupparsi in una serie di posizioni dottrinali, che facevano del fascismo una dottrina politica a sé stante“. Anche se è proprio in virtù di quella esperienza iniziale che il fascismo, in fase “programmatica”, si propone come “anti-ideologico”: “Il fascismo politicamente vuol essere una dottrina realistica; praticamente, aspira a risolvere solo i problemi che si pongono storicamente da sé e che da sé trovano o suggeriscono la propria soluzione“. In breve, nessuna ricetta preconfezionata in stile marxista; il fascismo non agisce sulla base di teorie astratte e previsioni para-scientifiche, ma in base all’analisi concreta della realtà. Anche per questo, sempre attuale.

A distinguere il momento contingente da quello dottrinario, dunque, ci aveva pensato – elencando tra le contingenze, peraltro, anche il dibattito sulla forma di stato monarchica o repubblicana -, già nel 1932, il fondatore del fascismo, le cui intenzioni andavano ben oltre l’esperienza di governo come un Renzi o un Berlusconi qualunque e miravano, invece, a costruire qualcosa di nuovo. Un’idea, come dicevamo, “audace” nello spingersi oltre l’esistente, “originale” nell’assorbire idee contrastanti dando vita ad una creatura nuova dai tratti eterogenei ed, infine, “mediterranea ed europea”, secondo due direttrici che rappresentano il contesto ideale e culturale in cui intende inserirsi la concezione fascista, ma anche uno spazio concreto entro il quale proiettare geopoliticamente un paese che domina naturalmente il Mediterraneo ma è anche parte essenziale del blocco continentale. Il fascismo è antistorico? Fuori tempo? Arretrato? Così non sembra: “Le negazioni fasciste del socialismo, della democrazia, del liberalismo, non devono tuttavia far credere che il fascismo voglia respingere il mondo a quello che esso era prima di quel 1789, che viene indicato come l’anno di apertura del secolo demo-liberale. Non si torna indietro. La dottrina fascista non ha eletto a suo profeta De Maistre“. E’ uno stato confessionale? Ancora una volta, no, anche se non si tratta di uno Stato ostile alla religione; lo Stato fa lo Stato: “Nello Stato fascista la religione viene considerata come una delle manifestazioni più profonde dello spirito; non viene, quindi, soltanto rispettata, ma difesa e protetta. Lo Stato fascista non crea un suo ‘Dio’ così come volle fare a un certo momento, nei deliri estremi della Convenzione, Robespierre; né cerca vanamente di cancellarlo dagli animi come fa il bolscevismo; il fascismo rispetta il Dio degli asceti, dei santi, degli eroi e anche il Dio cosi come visto e pregato dal cuore ingenuo e primitivo del popolo“.

D’altra parte, il forte coinvolgimento dello Stato nell’economia e nelle istituzioni sociali conserva un qualcosa di “socialista”; di certo ha poco dello “stato minimo” liberale o delle forme di sovranità precedenti gli stati nazionali. Dunque, è senz’altro moderno. Moderno, va bene, ma è un regime oppressivo? Lo stato fascista è una “democrazia organizzata, centralizzata, autoritaria“. E’ chiaro, non è uno stato liberale; ma quanto liberalismo c’è nel socialismo o nell’anarchismo? E’ più pericoloso chi vuole distruggere lo Stato o chi ne fa un punto cardine? Peraltro, se il liberalismo è l’unico pensiero ammesso, allora tanto varrebbe smettere anche di studiare la filosofia. La storia del pensiero politico è piena di visioni del mondo diverse da quella liberale o democratica: vogliamo criminalizzarle tutte? Impedire a chiunque ammiri Platone di parlarne entusiasticamente o di fare politica? “Il fascismo vuo11219521_1081392391875587_3734054378159607384_n (2)le lo Stato forte, organico e al tempo stesso poggiato su una larga base popolare“. Cosa che effettivamente fu anche nel corso dell’esperienza del ventennio. La leggenda di una visione del mondo rozza, superficiale e violenta, dunque, è una visione del tutto parziale. Certo, il fascismo “non crede alla possibilità né all’utilità della pace perpetua“. Una frase che, letta a posteriori, può sembrare più violenta di quanto invece non sia ovvia. Non si fa ancora oggi, scomparso il fascismo, la guerra? E non la fanno forse anche e forse soprattutto gli stati democratici? Ma, futurismo a parte, il fascismo non è certo neanche l’unico esempio di un pensiero politico che riconosce il valore “pedagogico” della guerra in quanto scuola di eroismo.

Anche questa, procedendo un po’ all’indietro, prima dell’affermarsi definitivo della retorica pacifista, era – se vogliamo – anche una sorta di retorica comune. Nel concetto di patria era quasi implicito il “siam pronti alla morte” che ancora oggi, d’altra parte, cantiamo nel nostro inno nazionale (e che non a caso Renzi ha fatto cambiare nel corso di un evento qualche mese fa). Ma a muovere la dottrina fascista in questa direzione, c’è appunto una visione anti-utopistica, realistica della vita e della politica: la guerra è possibile. D’altra parte, “il fascismo crede ancora e sempre nella santità e nell’eroismo, cioè in atti nei quali nessun motivo economico – lontano o vicino – agisce“. E, dunque, al di là della convenienza economica, ci sono altre ragioni che possono spingere un popolo come un uomo alla lotta. Non a caso il fascismo si definisce rivoluzionario. E fu rivoluzionario: “Si battagliava nelle città e nei villaggi. Si discuteva, ma – quel ch’è più sacro e importante – si moriva. Si sapeva morire. La dottrina – bell’e formata, con divisione di capitoli e paragrafi e contorno di elucubrazioni – poteva mancare; ma c’era a sostituirla qualche cosa di più decisivo: la fede”. Una mistica nata “in trincea” che, infatti, darà vita alla Scuola di Mistica Fascista di Niccolò Giani, giornalista e filosofo, partito in guerra volontario, medaglia d’oro al valor militare, caduto sul fronte greco-albanese. Pensiero e azione.

Per concludere, come non notare che alcune osservazioni contenute nella dottrina, siano addirittura anticipatrici dell’avvenire? Il fascismo, prosegue il testo, “nega cioè l’equazione benessere = felicità che convertirebbe gli uomini in animali di una cosa sola pensosi: quella di essere pasciuti e ingrassati, ridotti, quindi, alla pura e semplice vita vegetativa”. Sconfitto il fascismo, è giunta l’epoca del consumismo, della depressione e del pensiero debole. “Regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l’illusione di essere sovrano, mentre la vera effettiva sovranità sta in altre forze talora irresponsabili e segrete“. Sconfitto il fascismo, è giunta l’epoca in cui enti sovranazionali non eletti erodono la sovranità degli stati, i mercati ricattano le istituzioni, decidono i governi, l’apertura al commercio globale scavalca il potere dei governanti e la sovranità è oggi il tema principale del dibattito politico. Quanto alla rappresentanza, il corporativismo aspirava ad “una rappresentanza diretta dei singoli interessi” in opposizione alla rappresentanza politica di tipo liberale. Ebbene, oggi la rappresentanza politica si è trasformata in partitocrazia, politici di professione e casta. Volete per forza parlare di fascismo? Bene, ma parliamo anche delle idee.

Emmanuel Raffaele

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11 comments

Dino Rossi 29 Maggio 2016 - 2:29

Articolo molto interessante e ben scritto. Svela una grande ricerca e passione,non solo letteraria dell’autore e spinge ad una profonda riflessione. Dovrebbero leggerlo molti giovani che la “modernità” e la “comodità” hanno trasformato in pecore col naso perennemente sullo smartphone o intenti a depilarsi e cospargere corpi molli,come le loro volontà,di creme e belletti.
Una richiesta, è possibile trovare e dove il libro “Etica fascista” ?
Grazie.

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Roberto 29 Maggio 2016 - 4:16

Se ti riferisci a “La Dottrina del Fascismo” citato nell’articolo puoi trovarlo qui:
http://www.ilduce.net/la-dottrina-fascista/

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Dino Rossi 29 Maggio 2016 - 7:49

Grazie mille Roberto.

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nimi 29 Maggio 2016 - 5:45

grazie per l’interessantissimo scritto.

mi chiedo se oggi potrei definirmi futurista?
mi chiedo se oggi potrei definirmi stoico?
………………………..
mi chiedo se oggi potrei definirmi fascista?

Per Almirante non rinnegare ma non restaurare.

Nell’abbeverarsi dell’acqua vitale dalle fonti che sono scritte nell’articolo occorre il coraggio del chirurgo per tagliare e ricucire .

Occorre uno sguado limpido per alimentare questa fiamma che è sempre la stessa ma mai uguale.

Senza ipocrisia, con le nostre radici.

Insomma sono i miei avi a darmi lustro o sono io che devo illuminare i miei avi?

E poi lo stato etico di Gentile come si può confrontare con il contingentismo pragmatico ?. Evviva la dottrina dell’azione, dell’ideazione, come la necessità di dare una risposta! Ma le domande e le risposte, chi oggi potrebbe vederle?

ma il fascismo è un metodo o una dottrina?

e poi tra la selva dei bit riusciremo a vedere una mistica eroica?

allora ghigliottina metaforica!

si sono fascista!
grazie

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Martino 29 Maggio 2016 - 5:52

Il senso di definirsi fascisti se lo danno i fascisti per il solo fatto di essere così. Anzi, di essere nati così. Chiedete al lupo che senso abbia essere lupo.

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claudio 29 Maggio 2016 - 7:29

Grazie per l’articolo anche se destinato a un quotidiano, quindi per necessità “succinto” tocca molti argomenti scottanti. Risulta molto chiaro. La sua schiettezza Mi ha ricordato la prefazione di Maurice Bardeche nel libro “Cosa è il fascismo?”

“Io sono uno scrittore fascista. Mi si dovrebbe ringraziare di riconoscerlo; per lo meno è un punto fermo in un dibattito i cui elementi sfuggono “

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Nessuno 31 Maggio 2016 - 1:14

“Noi siamo per l’aristocrazia e la gerarchia, concetti fascisti, in qualsiasi campo e non soltanto nei rapporti internazionali.”

B. Ricci, Avviso su L’Universale, anno IV, n. 4, 25 feb. 1934-XII.

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Alberto Benito Romano 31 Maggio 2016 - 7:57

Ringrazio Iddio ed i miei genitori per avermi fatto e reso Fascista!

Alben Romano

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Alberto Benito Romano 31 Maggio 2016 - 8:10

Non bisogna avere paura di dichiararsi fascisti, nonostante le leggi liberticide presenti nella “costituzione resistenzialista”! Il fascismo é immortale e nessuno potrà mai cancellarlo! Immaginate cosa sarebbe successo in Europa e nel Mondo intero se il Fascismo, nel 1922 in Italia e nel 1936 in Spagna, non avesse sconfitto il comunismo sovietizzante, una vera dittatura assassina e criminale, il più feroce dei dispotismi, il “vero male assoluto”, responsabile di ben 200 milioni di morti in tempo di pace!? Finti liberali e finti democratici di tutto il mondo, convincetevene! Alben Romano, Fascista “usque ad finem!”(comunistorum!).

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Mimmo da Lecce 1 Giugno 2016 - 12:03

Articolo confusionario, superficiale e praticamente inutile. Quale sarebbe quindi l’attualità del fascismo? Qual è il modello di Stato fascista? Si vuole la monarchia o la repubblica? E’ cattolico o laico? E’ socialista o liberale? E’ democratico o corporativo? A che serve oggi? Quello a cui è servito in passato, secondo me: a fare la guerra tra poveri, a speculare sulla crisi economica, a creare spauracchi nuovi con il solo scopo di rafforzare le grandi imprese, a ridurre al silenzio la classe lavoratrice (in nome del supremo bene nazionale) mentre i padroni si arricchiscono e a rafforzare le classi dirigenti attuali.

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Paolo 5 Giugno 2016 - 11:38

Guardi che lei, in realtà, ha descritto esattamente le cose che stanno succedendo adesso.
Vuole incolpare il Fascismo anche per la crisi attuale?

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