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Dati e numeri sul Tap, il gasdotto della discordia

by La Redazione
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Nell’infografica realizzata da Centimetri la localizzazione del cantiere contestato e il tracciato del gasdotto TAP.
ANSA/CENTIMETRI

Melendugno, 30 mar. – C’è chi l’ha già definita l’Intifada geli Ulivi, anche se questa volta israeliani e palestinesi non c’entrano. Ma c’entrano i salentini. La questione è il Tap, il Gasdotto Trans Adriatico, che è al centro delle polemiche di questi giorni per via delle proteste di alcuni manifestanti NoTap che hanno cercato di bloccare i lavori di espianto degli ulivi, in tutto 200 piante, che temporaneamente sarebbero state messe a dimora poco distante da dove dovrebbe passare il gasdotto. Al momento ne sono stati espiantati 136. I picchetti dei manifestanti, gli scontri con la polizia e il massiccio dispiegamento di personale che tuteli l’ordine pubblico hanno determinato la sospensione dei lavori fino a lunedì.

Ma che cos’è il Tap? Il Trans Adriatic Pipeline è un gasdotto che parte dal Caucaso, in Azerbaigian, dove ci sono giacimenti di gas naturale in grado di soddisfare i bisogno europei, per arrivare in Puglia. L’obiettivo è quello di diversificare l’approvvigionamento di gas in Europa per rendersi maggiormente indipendenti dal gas russo che passa dall’Ucraina. E abbassare le tariffe. In Italia il Tap approda a San Foca, Marina di Melendugno, in Provincia di Lecce, Salento.

Sul sito del gasdotto si legge: “In prossimità del litorale italiano, la condotta sottomarina, dopo aver attraversato l’Adriatico, passerà sotto la costa attraverso un microtunnel di approdo dedicato, lungo 1,5 chilometri, che verrà scavato da terra, a circa 700 metri dalla spiaggia nell’interno e uscirà in mare a circa 800 metri, ad una profondità di 25 metri”.

La zona, dicevamo, è il Salento che rappresenta uno dei bacini turistici più importanti d’Italia, con spiagge incantevoli e scorci paesaggistici di tutto rispetto. Il sito del Tap rassicura anche su questo aspetto affermando che la tecnologia impiegata “permette di evitare lavori di scavo sulla spiaggia e la tutela di tutta la fascia costiera, in particolare delle praterie di posidonia in mare e della macchia mediterranea a terra. Il gasdotto sarà sempre interrato e quindi non sarà visibile dalla costa e per l’intero percorso del tracciato”.

In tutto il Tap dovrebbe essere lungo 870 chilometri: dalla frontiera tra Grecia e Turchia arriva in Italia passando per l’Albania e attraversando il Mare Adriatico. Secondo il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, il gasdotto “è un’infrastruttura che rende l’Italia meno dipendente, per esempio, dal carbone”. Inoltre, nelle intenzioni, il Tap dovrebbe portare a un abbattimento delle tariffe relative all’uso del gas.

La portata del gasdotto si aggirerebbe attorno ai 10 miliardi di metri cubi di gas ogni anno, che potrebbero essere raddoppiati qualora venissero costruite nuove infrastrutture per aumentare la pressione all’interno del gasdotto. Oggi l’Italia ha un fabbisogno di gas di circa 70 miliardi di metri cubi l’anno, la quasi totalità arriva dalle importazioni da Russia e Algeria. Il Tap potrebbe soddisfare più o meno il fabbisogno energetico annuo di 7 milioni di famiglie italiane.

L’Unione Europea ha riconosciuto al gasdotto Tap lo status di “Progetto di Interesse Comune”. I promotori, quindi, vedono l’opera come strategica per l’Italia e per l’Europa, e garantiscono che l’impatto su turismo e agricoltura non solo sarà nullo, ma darà un significativo contributo economico a sostegno dello sviluppo del territorio che ospiterà il gasdotto. Tuttavia ai pugliesi, quantomeno a una parte di loro, la cosa non piace.

 

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2 comments

Gondar 30 Marzo 2017 - 3:14

Per la precisione vale la pena ricordare che la soluzione proposta da chi si oppone era quella di spostare l’approdo dalla spiaggia turistica di San Foca alla zona industrializzata di Brindisi, a qualche chilometro piu’ a nord. Soluzione sensata e alquanto logica ai piu’ anche se i media questo non lo dicono ed ahimè anche questo articolo latita in tal senso….

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Anonimo 4 Aprile 2017 - 8:44

Da ambientalista quale sono, faccio notare che i 220 alberi che dovrebbero essere trapiantati, sono niente rispetto a quelle migliaia di alberi di ulivo, spesse volte quasi secolari, che in Puglia li fanno morire perché con la scusa dei trapianti, le imprese costruttrici e i privati, ripeto, fanno morire migliaia di alberi l’anno ed ora si lamentano per il trapianto di 220 alberi che sicuramente per questi alberi ci metteranno attenzione nel trapianto.

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