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Riprendersi Gentile (e la filosofia)

by La Redazione
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RIPRENDERSI_GIOVANNIGENTILE_copiaRoma, 24 giu – In attesa che arrivi il momento di Giuseppe Rensi, il filosofo del fascismo-movimento, è l’ora di riprendersi il filosofo del fascismo-regime, e cioè Giovanni Gentile. Lo fa Valerio Benedetti in un libro agile e ben argomentato, appunto intitolato Riprendersi Giovanni Gentile (Aga Editrice, Milano 2014).

Ma, innanzitutto, perché ‘riprendersi’ Gentile? L’autore dedica il primo capitolo al chiarimento dei motivi e degli autori che hanno spinto un intero ambiente politico-culturale a ‘dimenticare’ Gentile: si va da Adriano Romualdi a Evola, dal MSI alla fronda antigentiliana del Ventennio. Eppure io credo, sulla scorta di quanto diceva Roberto Melchionda diversi anni fa, che le ragioni profonde del distacco da Gentile vadano rintracciate nel più generale disinteresse verso la filosofia in quanto tale nutrito dal mondo ‘neofascista’ (o come lo si voglia definire). Ecco perché il primo merito del testo di Benedetti è di aver fatto un altro passo verso un obiettivo ancor più ambizioso: quello di riprendersi la filosofia.

I successivi due capitoli sono deputati all’analisi del pensiero gentiliano, correttamente interpretato nel suo rapporto strutturale con la prassi, e dunque col divenire storico, con tutto quel che ne consegue in termini di ‘interventismo’ politico-culturale. Una filosofia, quella gentiliana, che però distrugge sì gl’immutabili, ma non per questo può essere considerata negatrice della metafisica, una volta innalzato lo stesso divenire ad assoluto. Ed anche la libertà, se necessariamente presa nella ‘morsa’ del divenire, smette d’essere libertà. E la stessa volontà, una volta imprigionata nella gabbia del divenire, non potrà far altro che assecondarne il procedere infermabile.

Ecco perché, a mio parere, ed è forse l’unico appunto che si può muovere al testo di Benedetti, Locchi non può essere accostato a Gentile, e proprio perché quella locchiana è una filosofia dell’evento dell’origine, dunque davvero capace di salvaguardare la libertà (e quindi anche il suo poter non essere) rispetto alle pretese ‘totalizzanti’ sia dell’essere che del divenire.

Per finire, al di là di tutto, il testo di Benedetti non solo si confronta con una grande filosofia, qual è quella gentiliana, che va definitivamente liberata dagli equivoci e dagli interdetti che ne hanno impedito la piena ricezione nell’ambiente non conformista italiano, ma è pure un esempio tra i pochissimi di come si possa seriamente far cultura senza cadere nel gioco delle scomuniche reciproche e dei facili stereotipi.

Giovanni Damiano

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Manuel 14 Gennaio 2017 - 5:58

La visione di Damiano, sempre interessante, qui è assai superficiale. In realtò, secondo il grande Del Noce Giovanni Gentile (eroe e martire) è il filosofo del Fascismo movimento, del Fascismo rivoluzionario; rivoluzionario in quanto grado ulteriore e più radicale, in un paese occidentale evoluto, del marxismo. Dunque Gentile non è il filosofo neo-liberale o di destra che una critica comunisteggiante ma soprattutto superficiale ha voluto accreditare, ma è il filosofo della Rivoluzione Fascista. Genesi e Struttura della società è l’esito sintesi di un percorso ribelle e anticapitalista che partendo dal Sindacalismo rivoluzionario approda alle scelte estreme del Mussolini ultimo.

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