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Facebook condannata a pagare 3,8 milioni: “Ha copiato l’app di una società italiana”

by Lorenzo Berti
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Facebook, condannata

Milano, 6 gen – Ennesima condanna in tribunale per Facebook. Al lungo elenco delle violazioni di legge per le quali il social network di Mark Zuckerberg è stato sanzionato (violazione della privacy, scorrettezza commerciale, violazione della libertà di espressione, evasione fiscale etc) si aggiungono adesso anche plagio e concorrenza sleale.

L’app Nearby è stata copiata

La Corte d’Appello di Milano ha infatti condannato Facebook a risarcire con una multa da 3 milioni e 800 mila euro la società di sviluppo software milanese Business Competence dalla quale aveva copiato Faround, una applicazione che attraverso la geolocalizzazione consente agli utenti di individuare negozi, ristoranti e attività locali di interesse nelle vicinanze.

La vicenda è cominciata nel 2012 quando Business Competence propose a Facebook di integrare l’app Faround all’interno dei loro sistemi per valutarne le potenzialità. A distanza di soli cinque mesi dall’incontro, Facebook lanciò Nearby, una app con le stesse funzionalità di quella proposta dalla software house milanese. Una tempistica estremamente sospetta che, unita alla struttura di base praticamente identica, non ha lasciato dubbi ai giudici del Tribunale di Milano.

Corte d’Appello: “Facebook paghi 3,8 milioni”

Già in primo grado era stato riconosciuto il plagio, condannando il colosso americano a un risarcimento danni pari a 350 mila euro nei confronti della società di Cassina De’ Pecchi, oltre a 90 mila euro di spese legali. La cifra tuttavia era molto più bassa rispetto a quanto stimato dai consulenti tecnici del Tribunale. La Corte d’Appello Civile, presieduta dal giudice Domenico Bonaretti, ha invece deciso di ritenere “corrette le modalità con cui la CTU (consulenza tecnica d’ufficio del Tribunale) ha calcolato in misura pari a € 3.831.000 il pregiudizio economico complessivo subito da Business Competence, a causa dell’illecita condotta di Facebook“.

Inizialmente Facebook aveva eccepito che la controversia non poteva essere discussa dai giudici italiani essendo questione di giurisdizione internazionale, ma il Tribunale ha ritenuto che poiché la violazione è avvenuta in Italia vi fosse piena legittimità territoriale nel perseguirla.

Lorenzo Berti

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1 commento

Fabio Crociato 6 Gennaio 2021 - 5:53

Un eccezionale colpo di reni che vogliamo sperare il giudice non dovrà pagare mai. Quella di ciullare le idee è ormai prassi consolidata… da parte dei colossi “etici”!

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