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Aramco: i sauditi fanno breccia nel cuore della grande finanza

by Salvatore Recupero
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Riad, 10 apr – Il bond di Saudi Aramco ha registrato un debutto da record: il colosso petrolifero saudita ha raccolto ordini per oltre 100 miliardi di dollari.  Riad ha ottenuto più di quanto ci si aspettasse. Il giudizio positivo delle agenzie di rating ha sicuramente contribuito a questo grande risultato. Moody’s potrebbe presto assegnare l’agognata tripla A alla compagnia.

Il successo del bond

Secondo Il Sole 24 Ore, nessuno nella storia degli emergenti aveva mai riscosso tanto successo, nemmeno se si allarga lo sguardo ai titoli di Stato. Il trionfo di Saudi Aramco è stato tale da abbassare il rendimento dei suoi bond al di sotto di quello del debito sovrano saudita. Un avvenimento che potrebbe sembrare paradossale dato che Riad è azionista al 100% della compagnia in questione. Questa operazione rafforza il ruolo del principe saudita Mohammed bin Salman. Il discusso sovrano, dopo lo scandalo legato all’omicidio del giornalista Jamal Kashoggi, può far sentire la sua voce nel gotha della finanza internazionale.

Sempre secondo il quotidiano di Via Monte Rosa per perorare la causa dei sauditi si sono mossi i big di Wall Street. In primis Jamie Dimon, ceo di JPMorgan Chase, ma hanno avuto un ruolo nell’emissione anche Goldman Sachs, Hsbc, Citigroup e National Commerce Bank. Insomma l’asse Riad-New York è più forte che mai. Per entrare a pieno titolo nei mercati azionari, la compagnia araba ha dovuto giocare a carte scoperte presentando pubblicamente i propri bilanci. Anche in questo caso non sono mancate sorprese.

Un bilancio da mille e una notte

Secondo quanto riporta Bloomberg, (citando Moody’s) Aramco è stata così la compagnia capace di fare più utili di tutte al mondo, nel 2018. Il conteggio per l’agenzia di rating è esattamente di 111,1 miliardi di dollari. In pratica, guadagna più di Apple, Google ed Exxon messe insieme. L’attività del gruppo ha generato ricavi per 356 miliardi, in aumento rispetto ai 263 miliardi del 2017 e 58,2 miliardi di guadagni per le casse del Regno. Ci troviamo di fronte a una gigantesca macchina da soldi che può contare sulle generose riserve del sottosuolo della Penisola Araba.

Inoltre, secondo le indicazioni fornite da Fitch, la produzione totale di idrocarburi della compagnia petrolifera nel 2018 è stata in media di 13,6 milioni di barili di petrolio equivalente al giorno, compresa la produzione di gas naturale. Un dato che la pone davanti ai principali produttori globali e regionali come Abu Dhabi National Oil Company, Shell, Total e Bp. Riad stima che le sue riserve liquide siano pari a 227 miliardi di barili e quelle totali di idrocarburi a 257 miliardi di barili equivalenti.

Il confronto con le altre big del petrolio

Anche i giganti, però, hanno il loro punto debole. E quello di Aramco si chiama efficienza: ossia la capacità di generare denaro per barile prodotto. Da questo punto di vista, gli arabi arrancano rispetto alle concorrenti, da ExxoMobil a Total, da Shell a Eni. Secondo gli analisti il motivo della scarsa produttività è dovuta al legame con il governo saudita. Qualcosa, però, sfugge agli economisti: la dinastia dei Saud usa e ha sempre usato il petrolio come un’arma. Per Mohammed bin Salmanl lo sfruttamento degli idrocarburi è funzionale al dominio nel Medio Oriente e non solo.

Salvatore Recupero

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